16 marzo 2019 - 22:34

Nuova Zelanda, lo studente italiano: nascosti per ore nella scuola di fronte

Il 17enne, veronese, a Christchurch per un progetto internazionale: «Un poliziotto in borghese ci ha fatti entrare nelle aule e detto di sdraiarci a terra»

di Ferruccio Pinotti

Nuova Zelanda, lo studente italiano: nascosti per ore nella scuola di fronte
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A 17 anni la coscienza della morte è una cosa vaga. Ma Michele Tordiglione la morte l’ha percepita molto vicina, quando una macchina imbottita di esplosivo ha sfiorato la scuola che frequenta a Christchurch, in Nuova Zelanda. L’istituto di Michele sorge proprio davanti a una delle due moschee attaccate dal fanatico suprematista bianco Brenton Tarrant. Michele, studente del liceo classico Scipione Maffei di Verona, compirà 18 anni fra un mese. È arrivato in Nuova Zelanda il 19 luglio 2018 e frequenta la Papanui High School a Christchurch, nell’ambito di un progetto internazionale di scambio tra scuole. Tornerà a Verona a fine maggio, ma il ricordo del terribile evento di cui è stato testimone gli rimarrà per tutta la vita.

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«Alle 14.30, mentre iniziava la sparatoria alle moschee, nella mia scuola è scattato l’allarme e la sirena è suonata forte nelle aule. All’improvviso è entrato un poliziotto in borghese, aveva l’espressione molto seria e preoccupata; subito dopo ci hanno fatti entrare nelle aule e ci hanno detto di sdraiarci a terra. Siamo rimasti così per ore, mentre l’ansia e la paura aumentavano». Nel video ripreso col cellulare ci sono i momenti terribili che ha vissuto. «Pensavo che fosse un’esercitazione antisismica, ma mentre i minuti passavamo abbiamo subito capito che era in corso una strage. Ci hanno spostati in altre aule. Gli studenti maori per darsi coraggio hanno cominciato a cantare i loro inni tribali. Sopra di noi era un delirio di elicotteri, mentre i cani della polizia abbaiavano furiosamente».

Con la consapevolezza è cresciuta la paura: «Durante l’attentato uno dei due terroristi si è avvicinato con la macchina alla nostra scuola ed è stato fotografato con l’istituto alle spalle. Aveva la macchina piena di bombe, le hanno dovute disinnescare». Nonostante lo stress, Michele Tordiglione riflette: «Volevo un posto tranquillo, dove ogni tanto si sciasse e dove si sentisse parlare solo inglese, non avrei mai pensato di trovarmi di fronte a un massacro».

La tentazione di lasciare in anticipo la Nuova Zelanda c’è? «I miei per ora non me lo hanno chiesto. Tornerò tra due mesi, compiuto l’anno scolastico. Ancora non riesco a capacitarmi di questa strage. La lezione resta sempre quella di Orazio: Carpe diem, oggi ci siamo, domani chissà...».

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