16 marzo 2019 - 10:30

Nuova Zelanda, quell’«ok capovolto» e le possibili trappole di Tarrant

Simboli, codici e segnali del suprematista potrebbero essere dei depistaggi per innescare polemiche. Una tecnica da «troll», diventato terrorista

di Guido Olimpio

Nuova Zelanda, quell’«ok capovolto» e le possibili trappole di Tarrant
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Portato davanti al giudice Brenton Tarrant è parso sprezzante. Una volta «alla sbarra» ha fatto un segno con la mano, l’indice a toccare il pollice come in un cerchio: una sorta di OK, ma che per alcuni potrebbe essere il simbolo usato da estremisti di destra, ma anche da supporter di Donald Trump, elementi cospirativi – come Mike Cernovich - o il cantante Kanye West durante la famosa visita alla Casa Bianca. Secondo un’interpretazione, iniziata a circolare nel 2017, le dita andrebbero a formare una W e una p, ossia «White power», il potere bianco. E sono apparse in seguito numerose foto dove figure vicino alla Casa Bianca e noti «suprematisti» posavano con il «misterioso» OK. Spiegazioni contestate da quanti seguono l’intreccio media/politica/web: il risultato è stato un dibattito senza fine e che troverà nuove spinte dalla strage in Nuova Zelanda. Alcuni esperti, però, hanno invitato alla cautela, a non rincorrere qualsiasi cosa. Una serie di articoli ha messo in guardia su provocazioni e trappole che lo stesso terrorista ha «piazzato» all’interno del suo manifesto di 74 pagine.

Riferimenti, affermazioni, citazioni rispondono in realtà ad una tecnica che serve a innescare polemiche, a distrarre, a spingere gli avversari (in particolare la sinistra e i media) a seguire alcuni dettagli che sono solo di contorno. Oppure servono solo a impegnarli con delle esche, per poi deriderli. Gli estremisti – secondo una tecnica ben nota – agiscono come dei troll, consapevoli di scatenare reazioni magari su false notizie. In fondo può anche essere disinformazione e come direbbe un agente «non importa che sia vero, a me interessa solo insinuare il dubbio»: è un estremista xenofobo o un pazzo?

Proprio sul segno con le dita è stato scritto di tutto. C’è chi lo definisce un modo per dire che va bene, mentre altri gli attribuiscono un intento più profondo, quasi un codice. Interpretazioni che comunque fanno “volume”, rilanciano teorie e - indirettamente - aiutano la propaganda. Questi diversivi riescono anche a ridurre l’attenzione sul punto centrale: l’uccisione di decine di persone inermi. Si discute sul contorno, si cerca di togliere valenza politica ad un massacro. Per questo sarà importante il lavoro di indagine. Gli investigatori dovranno decifrare la personalità dell’assassino, verificare tutte le sue affermazioni, studiare il documento per capire se quelle parole sono frutto di un percorso o un semplice copia/incolla di slogan. Ma nulla può far dimenticare tutte quelle vite spezzate dai proiettili di un terrorista.

Il killer ha affermato di aver agito da solo, ma polizia è alla ricerca di possibili collegamenti o complici. Il quotidiano britannico The Independent, citando fonti della sicurezza, sostiene che Tarrant durante i suoi numerosi viaggi avrebbe stabilito contatti con elementi dell’estrema destra xenofoba in Europa. Non solo. È possibile che l’uomo abbia link piuttosto solidi con organizzazioni attive in Asia e negli Stati Uniti.

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