Il titolo è uno slogan che da anni, cupamente, risuona nei network dell’estrema destra. «The great replacement», la grande sostituzione, la teoria del complotto che anima social e pubblicazioni dell’area nazionalista e identitaria da alcuni anni. Si apre così il manifesto di Breton Tarrant, 28 anni, a capo del commando autore della strage di Christchurch in Nuova Zelanda. Settantaquattro pagine diffuse attraverso il suo account twitter il 14 marzo alle 17.26: un condensato di quell’onda di odio che punta contro migranti e islamici. «It’s the birthrate», è il tasso di natalità, è l’incipit. Frase ripetuta per tre volte. «Anche se noi deportassimo tutti i non europei dalle nostre terre domani – si legge sul documento –, il popolo europeo continuerebbe nella decadenza fino alla morte finale». Uno scenario apocalittico, preso direttamente dalle peggiori teorie diffuse sulla rete.

La «grande sostituzione», tema che negli ultimi due anni ha trovato casa anche nella politica istituzionale dei partiti di destra, nasce come teoria in Francia una ventina di anni fa. L’autore è Renaud Camus, pensatore di riferimento della destra identitaria. Accosta due fenomeni, correlandoli: denatalità e migrazione, elementi – sostengono i seguaci del pensiero – che porteranno a una «sostituzione etnica» della popolazione europea. Da qui il richiamo alle battaglie del passato remoto, come Lepanto o Poitier, e a una guerra contro i migranti, definiti «invasori». Una follia divenuta collettiva, che in Nuova Zelanda ha armato il grilletto di Breton Tarrant. Il manifesto prosegue con un altro concetto estremante diffuso nei network neri, il «genocidio bianco». «Dobbiamo distruggere l’immigrazione e deportare questi invasori», scrive l’autore del documento diffuso come una sorta di rivendicazione della strage.

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Dopo le prime pagine di enunciazione dei principi ispiratori, Tarrant pubblica una sorta di lunghissima intervista a se stesso. «Chi sei?», si chiede. «Appena un uomo bianco ordinario, di 28 anni. Sono nato in Australia, classe lavoratrice, famiglia di basso reddito». Il motivo dell’attacco? «Mostrare agli invasori che la nostra terra non sarà mai la loro terra». Parole banali, come banale è l’odio che cova dietro il suo gesto. Punta all’emulazione, apertamente: «Per incitare alla violenza, alla vendetta», scrive.

Parla al plurale molto spesso, rivelando la probabile esistenza di un’organizzazione: «Dobbiamo assicurare l’esistenza del nostro popolo e un futuro per i bambini bianchi». Per poi aggiungere dopo poche pagine: «Rappresentiamo milioni di europei e altri etno-nazionalisti». «Fai parte di qualche organizzazione?», si chiede nell’intervista pubblicata sul manifesto. «Non sono un membro diretto di organizzazioni o gruppi, anche se ho donato a molti gruppi nazionalisti e ho interagito con molti altri».

Dunque un uomo comune, ma inserito in un contesto ideologico ben preciso, diffuso, organizzato.

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