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Caro Magri,

personalmente dubito che l’attuale governo sia a un passo dalla crisi per la vicenda Tav. Questa coalizione, sul piano delle idee quasi innaturale, è destinata a durare a lungo, considerato che Salvini potrà continuare ad avere il vento in poppa nei sondaggi avendo una visibilità su tutti i fronti, per l’inadeguatezza dei politici pentastellati. Poi diciamolo: sul piano concreto non mi pare che questo governo abbia fatto molto, al di là dell’enfasi del reddito di cittadinanza e «quota cento», grazie al traino del mondo dell’informazione, anche se sul piano pratico si dovrà vedere l’effetto.

Tra l’altro, sul fronte pensionistico c’è stato il blocco della rivalutazione delle pensioni, ma la questione è stata fatta passare sotto silenzio. In questa situazione naturalmente mancano le opposizioni: il Pd si sta specchiando con il nuovo segretario e Forza Italia sogna sempre il ritorno di Salvini nel centrodestra.

Giovanni Attinà

Caro Attinà,

siamo proprio sicuri che il vento gonfierà le vele del Capitano? È possibile che vada così, ma la mano sul fuoco personalmente non ce la metto. Oggi Salvini è forte perché farebbe patti col diavolo pur di ottenere il suo scopo. Piace in quanto se ne infischia delle regole e blocca gli sbarchi perfino a costo di rischiare un processo. Fa sognare a molti (poco sopra il 30 per cento, secondo i sondaggi) che l’Italia abbia trovato finalmente un leader capace di tagliare corto con i minuetti della politica. Ma l’uomo ha un tallone d’Achille, anzi due.

Anzitutto comunica h24 e di questo passo rischia la saturazione. Inoltre si è caricato sulle spalle l’intero spettro del disagio sociale, largheggiando con le promesse. Ho interpellato la direttrice di Euromedia Research, Alessandra Ghisleri, che meglio di noi sa cogliere gli umori collettivi. Conferma che Salvini ha «la complicazione di dover essere sempre all’altezza delle aspettative da lui stesso suscitate a colpi di decisionismo». L’impresa è ai confini del proibitivo. Sulla Tav, per esempio, ha dovuto accontentarsi di un mediocre rinvio. Dal tira-e-molla sulla Cina non è uscito vittorioso. Sulle autonomie il piatto piange. Un altro paio di accordi al ribasso e i suoi fan, delusi, direbbero: «Eccone un altro». Anziché dargli ascolto, cambierebbero canale.

Ugo Magri, parmigiano, 62 anni, ha tutti i tic degli anziani. Pensa che i governanti siano generalmente meglio di chi ce li ha messi. E che la politica, essendo parte della commedia umana, vada raccontata con un sorriso. Dal 1996 alla Stampa, si è fatto le ossa alla Voce Repubblicana e nel settimanale Epoca.