A cosa serve la religione a un ragazzo

Nicola e Charlie, un pescatore maltese che la domenica mattina ama andare a pescare sull'Isola di Fort Manoel
Nicola e Charlie, un pescatore maltese che la domenica mattina ama andare a pescare sull’Isola di Fort Manoel

Questa lettera è di Nicola Riccardi, 25 anni, che ringrazio

“Le scrivo da un piccolo paese della Basilicata, ma potrei scriverle anche da una grande città della Lombardia senza che ciò cambi molto, perché volevo provare a raccontarle le ragioni che a mio avviso hanno creato una frattura non facilmente rimarginabile tra la gioventù di oggi e la Chiesa di sempre. Ho 25 anni e studio Antropologia e Storia del Mondo Contemporaneo all’Università di Modena. Sto scrivendo una tesi di laurea sulla storia del paese in cui sono cresciuto e che ho dovuto, a malincuore, abbandonare”.

“Una tesi che racconta di come un gruppo di giovani abbandonati alla loro solitudine abbia trovato un modo per farsi compagnia attraverso lo Ndruzzfestival, un festival culturale e laico diventato pian piano un piccolo progetto di sviluppo locale. Il mio è uno di quei tanti paesi del Sud in cui la Chiesa ha sempre avuto un ruolo centrale nella vita del paese ma che oggi si trova a fare i conti con una crisi di consensi: c’è una nuova generazione che non ha saputo convincere. Dopo Buchenwald, Auschwitz, la guerra in Vietnam, la guerra civile in Ruanda, le stragi nel Mediterraneo, Hiroshima, le armi chimiche in Etiopia siamo ancora qui a parlare di Dio?”.

“Dio, se permettete, è ormai un’idea obsoleta. Uno studente fuorisede ha troppo a cui pensare: gli esami, il colloquio, il tirocinio, l’affitto. Troppo per cui lottare per preoccuparsi di Dio. Perché se una cosa l’abbiamo imparata è che siamo soli e che tutto ciò che sarà di noi domani dipenderà da ciò che faremo oggi.  Le vere chiese sono negli angoli dove crescono i sogni, nelle piccole realtà in cui le persone si incontrano quotidianamente per costruire progetti di sviluppo locale”.

“Vorremmo una Bibbia raccontata nelle piazze, nei bar, tra i banchi di scuola, tra le tavole imbandite. Bisognerebbe discutere di Esaù e Giacobbe e poi di Paolo e Francesca e poi ancora di Moby Dick e Jon Snow. Senza piedistalli, senza altari, senza verità, senza bugie. Che la Chiesa smetta di avere paura del confronto. Perché la si possa ascoltare deve venire dove siamo noi. Siamo uomini e niente più. Sappiamo elevarci se costruiamo significati tra le parole e impariamo a capire le differenze e i bisogni degli altri, a porvi rimedio”.

“Cattolici, Islamici, Buddisti, Animisti sono solo prospettive. A noi non importa di schierarci perché nel grande gioco della vita astenersi è una possibilità. Le cerimonie, i convenevoli, le processioni ve le lasciamo volentieri. Li lasciamo a chi crede ancora che servano a racimolare qualche consenso. Il mondo è cambiato e non pare aver bisogno del vostro Dio. Ha bisogno di entusiasmo, grinta e curiosità. Non siamo migliori di voi, siamo solo più preoccupati. Dal vangelo secondo la nuova tormentata gioventù. Amen”.