Anche sull’acqua pubblica la Lega ha piantato i suoi paletti. Smontando pezzo per pezzo la proposta che per la grillina Federica Daga, prima firmataria della legge in discussione alla Camera, rappresenta «la prima e fondamentale stella del Movimento 5 Stelle». In Parlamento il suo «pdl» da fine ottobre ad oggi è andato avanti spedito come un treno. Dieci giorni fa in Commissione ambiente si è concluso il lavoro preliminare e dopo un ampio giro di consultazioni sono stati depositati gli emendamenti.

I “no” pesanti

In tutto sono 250: i più pesanti sono quelli che portano la firma della capogruppo della Lega, Elena Lucchini. Che come prima cosa vuole cassare le parole «governo pubblico» dagli obiettivi della riforma,che pertanto si limiterebbe a favorire un governo partecipativo (e non pubblico) del ciclo integrato dell’acqua. E quindi punta ad eliminare le parole «non mercificabili» dalla definizione di acque superficiali e sotterranee assestando così un altro colpo al «pdl» che ha l’ambizione di tradurre in pratica i risultati del referendum del 2011.

In tutto sono una trentina le proposte di modifica della Lega ed incidono su tutti i cardini della proposta di riforma grillina, dalle funzioni di indirizzo e controllo (restano le autorità di bacino e spariscono i Consigli di bacino governati dagli enti locali proposte dall’M5s) alle forme di gestione, dall’ambito territoriale ottimale (regionale anziché provinciale) sino alla revoca delle concessioni (via il tetto dei 10 anni e si fissa un periodo minimo di 30), sino ai finanziamenti.

La «legge Daga» dovrebbe approdare in aula a marzo e quindi c’è ancora tempo per cercare una mediazione all’interno della maggioranza dopo che una prima serie di incontri non ha prodotto risultati. «Con la Lega non c’è scontro ma confronto», spiegava nei giorni scorsi il ministro dell’Ambiente Costa ricordando però che il contratto di governo parla chiaro sposando il progetto dell’acqua pubblica.

Da questa settimana, salvo sorprese, le varie commissioni di Montecitorio dovrebbero iniziare a vagliare i testi ma al momento non risulta che le eventuali «distonie», come le ha definite Costa, siano state appianate. Federica Daga è ottimista e vede il traguardo vicino («nessun contributo verrà trascurato, ma si va avanti senza esitazioni»), ma si è già capito che anche questa grana dovrà essere sbrogliata direttamente da Di Maio e Salvini.

Tra Lega e 5 Stelle le posizioni sono molto distanti: i pentastellati vogliono tenere unite gestione e l’erogazione del servizio idrico integrato e poi vogliono che sia assegnato esclusivamente ad enti di diritto pubblico. I salviniani invece puntano a lasciare ai vari enti di governo la facoltà di scegliere tra società di capitali (individuate attraverso gare pubbliche), società a capitale misto pubblico privato, soggetti in house. Quindi si cancella la possibilità di finanziare il servizi attingendo alla fiscalità generale, l’istituzione del nuovo fondo per investimenti in questo settore e le nuove regole per la rideterminazione delle tariffe proposte dai 5 Stelle.

Stop anche alla tassa sul Pet

Sempre in tema di nuovi fondi messi stop anche al prelievo fiscale nazionale di 1 centesimo di euro per ogni bottiglia di acqua minerale realizzata in pet immessa in commercio ed al prelievo di almeno un miliardo l’anno dal bilancio della Difesa. Insomma, sembra di rivedere il film della Tav o quello sul reddito di cittadinanza ed il rischio di un nuovo corto circuito nella maggioranza è certamente molto alto.

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