Nelle fotografie, Giuseppe Pustorino è un uomo molto bello, forte, con l’aria felice. E’ morto a 40 anni, di leucemia. Il 28 novembre, dopo un anno e pochi mesi dalla diagnosi. Era medico, neurologo. Aveva lanciato in rete una campagna per trovare un donatore di midollo. L’aveva trovato. Compatibile al 100%. Non succede quasi mai, se non tra familiari stretti.

La sua storia la racconta la sorella, Anna Maria. Ed è una storia che ci interroga. Perché quel donatore non si è mai presentato. E il midollo della sorella, compatibile solo al 50%, non è bastato a salvare Giuseppe.

Dove sarà, quel donatore? Come si sentirà, adesso?

Solo pochi giorni fa, un bambino molto piccolo, Alex Montresor, è stato salvato da un trapianto di midollo. Solo pochi giorni fa, in rete, in suo nome, si è scatenata una gara a registrarsi nel registro dei donatori. Solo pochi giorni fa, abbiamo imparato, che donare il midollo non è quella procedura invasiva che pensavamo fosse.

Giuseppe Pustorino è morto qualche mese prima. Sarebbe stato diverso, oggi?

Provo a immaginare la notte prima del giorno stabilito per l’intervento. La notte del dottor Giuseppe. La notte di chi teneva tra le mani la sua speranza di restare vivo. Provo a immaginare la paura. E il cuore che trema. Ci vuole un amore spropositato per amare uno sconosciuto che non conosceremo mai. Ci saranno stati familiari e amici del donatore che, in buona fede, «per il tuo bene», gli avranno infuso dubbi, ansie, gli avranno domandato perché rischiare per qualcuno che non lo riguardava. Senza sapere che il rischio è controllabile, che non è diverso dai rischi che ogni giorno ci assumiamo. Un bambino intenerisce, un adulto meno.

Provo a immaginare il fiato che si spezza, quando a Giuseppe dicono che il donatore non è venuto. Cosa avremmo fatto, noi?

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