MILANO - E' il tallone d'Achille dell'Italia, ciò contro cui punta il dito la Commissione europea quando deve redarguirci sulla disciplina di bilancio, e non accenna a diminuire. Anzi, secondo i nuovi dati di Banca d'Italia al 31 dicembre del 2018 il debito delle Amministrazioni pubbliche era pari a 2.316,7 miliardi, in crescita rispetto al dato di fine 2017 quando il debito ammontava a 2.263,5 miliardi (131,2 per cento del Pil).
Rispetto al mese di novembre 2018 si è registrato un calo, considerando che allora il debito arrivava a 2.345 miliardi. Ma, notano subito dall'Unione dei consumatori, il fardello pesa ancora per oltre 90mila euro a famiglia.
Nella nota di Palazzo Koch si spiega come l'aumento annuo del debito (53,2 miliardi) sia stato generato in primo luogo dal fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (40,6 miliardi), ovvero i soldi che l'Italia chiede al mercato per colmare il disavanzo tra entrate e uscite. A ciò si aggiunge il lieve incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (5,8 miliardi, a 35,1), ovvero i denari in giacenza sul conto corrente centrale. Ha pesato anche "l'effetto complessivo degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del cambio" che ha accresciuto il debito per 6,8 miliardi.
Il nuovo debito è tutto centrale, complici le regole sulla finanza degli enti locali: il debito consolidato delle Amministrazioni centrali è cresciuto di 54,7 miliardi, a 2.230,9, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 1,5 miliardi, a 85,6; il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente stabile.
Dai dati di dettaglio, fermi però a novembre, si vede come sia scesa la quota di detentori esteri dei nostri titoli di Stato: 646,883 miliardi di euro, ovvero il 27,5% del debito pubblico italiano. Nel precedente mese di ottobre lo stock di titoli di Stato italiani in mano ad investitori esteri era pari a 651,883 miliardi, cioè il 27,9 per cento. Il documento fa infine il punto sulle entrate tributarie, che nel 2018 sono state pari a 463,4 miliardi di euro, in rialzo del 3,6% rispetto ai 447,3 miliardi dell'anno precedente.
Rispetto al mese di novembre 2018 si è registrato un calo, considerando che allora il debito arrivava a 2.345 miliardi. Ma, notano subito dall'Unione dei consumatori, il fardello pesa ancora per oltre 90mila euro a famiglia.
Nella nota di Palazzo Koch si spiega come l'aumento annuo del debito (53,2 miliardi) sia stato generato in primo luogo dal fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (40,6 miliardi), ovvero i soldi che l'Italia chiede al mercato per colmare il disavanzo tra entrate e uscite. A ciò si aggiunge il lieve incremento delle disponibilità liquide del Tesoro (5,8 miliardi, a 35,1), ovvero i denari in giacenza sul conto corrente centrale. Ha pesato anche "l'effetto complessivo degli scarti e dei premi all'emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del cambio" che ha accresciuto il debito per 6,8 miliardi.
Il nuovo debito è tutto centrale, complici le regole sulla finanza degli enti locali: il debito consolidato delle Amministrazioni centrali è cresciuto di 54,7 miliardi, a 2.230,9, mentre quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 1,5 miliardi, a 85,6; il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente stabile.
Dai dati di dettaglio, fermi però a novembre, si vede come sia scesa la quota di detentori esteri dei nostri titoli di Stato: 646,883 miliardi di euro, ovvero il 27,5% del debito pubblico italiano. Nel precedente mese di ottobre lo stock di titoli di Stato italiani in mano ad investitori esteri era pari a 651,883 miliardi, cioè il 27,9 per cento. Il documento fa infine il punto sulle entrate tributarie, che nel 2018 sono state pari a 463,4 miliardi di euro, in rialzo del 3,6% rispetto ai 447,3 miliardi dell'anno precedente.