È stato un ictus», che poi nel suo caso sarebbe il secondo dopo quello, devastante, del 2004. «È grave». Poi, in serata, ha prevalso quello che i suoi vecchi avversari democristiani avrebbero definito «un cauto ottimismo». La Tac al cervello ha escluso che si sia trattato di un ictus, non c’è stata alcuna emorragia, e questa mattina dovrebbero svegliarlo e fargli un’altra Tac. «Il vecchio leone», come l’ha chiamato Bobo Maroni, il primo a farsi vivo, non ha intenzione di mollare.

Di certo, Umberto Bossi se l’è vista brutta. A farlo cadere lungo disteso per terra nella sua casa di Gemonio, nel Varesotto, battendo la testa, è stato uno sbalzo dei valori ematochimici che ha scatenato una crisi, forse epilettica. I famigliari hanno chiamato i soccorsi che sono arrivati intorno alle 17 dall’ospedale di Cittiglio. Codice rosso e intervento dell’elisoccorso. Il fondatore della Lega, 77 anni, è stato intubato e portato in volo all’ospedale di Circolo di Varese, dov’è tuttora ricoverato in rianimazione e sedato. Come previsto dai protocolli, ci vorranno diverse ore per poter avere una valutazione attendibile delle sue condizioni ed è per questo che il bollettino medico è atteso per mezzogiorno di oggi. Ma in serata Bossi non era considerato in pericolo di vita.

Per un uomo come lui, che ha sempre vissuto, respirato e mangiato politica, è molto significativo che, prima di sentirsi male, avesse rilasciato all’AdnKronos qualche battuta sull’esito trionfale delle elezioni in Abruzzo: «Ho lasciato una macchina da guerra e per fortuna la Lega è rimasta una macchina da guerra...», ha detto, invitando però il suo successore Matteo Salvini a non rompere l’alleanza con Forza Italia. «Berlusconi è ancora in gioco? Altro che...», ha spiegato l’ex ministro delle Riforme, e proprio nei governi di Silvio.

Poi, si sa, lo stato di salute di Bossi si era molto degradato dopo il terribile ictus dell’11 marzo 2004. La riabilitazione fu lunga e complessa, e il Senatùr da allora fatica a parlare e a muovere un braccio. Ma non rinuncia ad apparire e anche ad arringare la folla alle feste della Lega, anche se sono comizi meno alluvionali di quelli dei bei tempi. I militanti lo accolgono sempre con affetto. Certo, oggi è un’altra Lega rispetto alla sua: non più nordista ma nazionale, sovranista, certamente più a destra e, per quel che riguarda la politique politicienne, oggi alleata con i Cinquestelle invece che nel centrodestra berlusconiano dove Bossi l’aveva collocata nel ’94 e mantenuta lì finché ne ha avuto il controllo. Nessun mistero che fra Bossi e Salvini le opinioni divergano. Ma se anche non incide più sulle scelte, il Senatùr resta il padre del partito, rispettato, se non ascoltato, per il suo passato di fondatore e di combattente.

E infatti è un coro. «A Umberto auguri di pronta guarigione», scrive Salvini. «Forza Umberto! Tieni duro!», urla su Facebook il governatore del Veneto, Luca Zaia. «Sei un grande guerriero, sei un lottatore. Siamo tutti con te, forza Umberto», dice Roberto Calderoli. «Come ci hai insegnato tu: mai mulà e tegn dür!», la butta sul dialetto delle origini il segretario della Lega lombarda, Paolo Grimoldi. Interviene anche l’alleato di sempre, Berlusconi: «Bossi è una brava persona e leale. Siamo amici: gli voglio bene e gli mando affettuosi auguri di pronta guarigione». Le notizie, però, le dà Maroni: «Siamo sollevati per le condizioni di Umberto, non ha avuto quello che temevamo». Il vecchio leone, pare, se la caverà ancora.

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