SANITà

Aids, un vaccino made in Italy che può migliorare la cura

di Rosanna Magnano

(Afp)

4' di lettura

La prima cosa da chiarire è che non si tratta di un vaccino preventivo contro l'Aids, ovvero di una profilassi che impedisce di contrarre la malattia: il vaccino Tat - messo a punto dall'équipe guidata da Barbara Ensoli, direttore del Centro Nazionale per la Ricerca su HIV/AIDS dell'Istituto Superiore di Sanità – è un vaccino terapeutico. Per il momento una promessa molto interessante, tutta da indagare, che potrebbe migliorare la qualità di vita dei pazienti, vale a dire di chi già ha contratto l'infezione, inducendo una risposta immunitaria capace di migliorare l'efficacia dei farmaci anti-HIV.

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La novità resa pubblica oggi dall'Iss è che la somministrazione del vaccino Tat a pazienti in terapia antiretrovirale (cART) si è rivelata capace di ridurre “drasticamente” il “serbatoio di virus latente”, inattaccabile dalla sola terapia farmacologica. Il risultato del follow-up di pazienti immunizzati con il vaccino Tat, durato otto anni, è stato pubblicato sulla rivista open access “Frontiers in Immunology”, una rivista apprezzata, con un impact factor medio.
Lo studio è stato condotto da una rete di otto centri clinici in Italia (Ospedale San Raffaele di Milano, Ospedale L. Sacco di Milano, Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale Universitario di Ferrara, Policlinico di Modena, Ospedale S.M. Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano – Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, Policlinico Universitario di Bari) e presenta i dati del monitoraggio clinico a lungo termine di 92 volontari vaccinati. «Si tratta di risultati – afferma Ensoli – che aprono nuove prospettive per una cura “funzionale” dell'HIV, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con HIV, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando l'aderenza alla terapia e la qualità di vita, problemi di grande rilevanza soprattutto in bambini e adolescenti, con l'obiettivo, in prospettiva, di giungere all'eradicazione del virus».

La chance dei “post-treatment controllers”
Gli autori dell'ultimo studio pubblicato riportano che i volontari trattati con i farmaci e vaccinati con la proteina Tat hanno mostrato un forte calo del DNA provirale nel sangue, con una velocità in media 4-7 volte maggiore di quella osservata in studi analoghi in pazienti trattati solo con la terapia farmacologica. Nei volontari vaccinati, inoltre, la riduzione del serbatoio di virus latente, spiega l'Iss, si è associata «ad un aumento delle cellule T CD4+ e del rapporto delle cellule T CD4+/CD8+. Queste caratteristiche vengono riscontrate anche in rari pazienti, denominati post-treatment controllers, in grado di controllare spontaneamente la riattivazione della replicazione virale dopo aver sospeso la terapia, i quali hanno, infatti, un serbatoio di virus latente di dimensioni assai ridotte, come evidenziato da bassi valori di DNA provirale e mostrano un buon recupero del sistema immune, come indicato da un elevato rapporto dei linfociti T CD4+/CD8+».

«È concepibile quindi – spiega Ensoli – che la vaccinazione con Tat possa conferire ai pazienti la capacità di divenire “post-treatment controllers”, cioè di controllare il virus senza assunzione di farmaci per periodi di tempo la cui durata dovrà essere valutata con specifici studi clinici. Pertanto, i risultati dello studio aprono la strada a studi di interruzione programmata e controllata della terapia nei volontari in trattamento con cART vaccinati con Tat, attualmente in corso di pianificazione proprio allo scopo di verificare questa ipotesi».


I potenziali vantaggi del vaccino made in Italy potrebbero impattare soprattutto per chi arriva tardi alla diagnosi - purtroppo la maggioranza dei pazienti, complice la scarsa informazione - ma anche i bambini. «Il vaccino intensifica la terapia – continua Ensoli – e anche in pazienti che arrivano in ritardo alla cura ne migliora l'efficacia. Il punto chiave è che le attuali terapie non riescono ad attaccare il serbatoio del virus latente, mentre per la prima volta al mondo con questo vaccino ne osserviamo una riduzione drastica. Il vaccino potrebbe offrire la possibilità di interrompere la terapia per periodi di tempo da indagare, oggetto di una prossima sperimentazione clinica. Una possibilità che potrebbe alleviare enormemente gli effetti collaterali e tossici dei farmaci e aiutare anche e soprattutto i pazienti pediatrici, costretti ad assumere la terapia per tutta la vita».

Progetto a caccia di nuovi fondi
La ricerca è indipendente (non industriale) e finanziata con fondi interamente statali, che tra stanziamenti del ministero della Salute e degli Affari esteri (parte dei trial è stata condotta in Sudafrica) hanno raggiunto i 26 milioni di euro. In totale i trial condotti sono stati cinque, più vari studi osservazionali, con la vaccinazione di circa 350 pazienti. Ora per proseguire servirebbero nuovi finanziamenti: «La ricerca sull'Aids in Italia è quasi scomparsa – conclude Ensoli - e i fondi sono al lumicino. Gli investimenti dovrebbero ripartire e sarebbe auspicabile che intervenissero anche le imprese farmaceutiche. I risultati ottenuti dall'Iss appartengono a tutti. Indagare sulla cura resta fondamentale ma deve andare di passo con la prevenzione, i comportamenti corretti e la ripresa di campagne informative mirate».

Come funziona il vaccino
Il vaccino ha come bersaglio la proteina Tat di HIV, che viene prodotta nelle prime fasi dell'infezione. Tat ha un ruolo chiave nella replicazione virale e nella progressione della malattia, perché indebolisce il sistema immunitario. Il vaccino agisce inducendo anticorpi protettivi in grado di neutralizzare la proteina Tat prodotta dai vari “sottotipi” del virus, inclusi i sottotipi A, B e C circolanti in Asia, Europa, America e Africa. Promette, perciò, di incrementare l'efficacia delle attuali terapie contro le principali forme del virus presenti nel mondo, e in ultima analisi, di aumentare l'aspettativa di vita delle persone con Hiv. o

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