Roma

Manuel Bortuzzo: “Ora sogno soltanto di rivedere il sole, chi mi ha sparato non merita la mia rabbia”

Manuel Bortuzzo 
L'incontro in ospedale. "Quei due sono già sfigati di loro a vivere in un ambiente del genere. Mi dispiace per i loro figli, chissà cosa gli avranno insegnato". Il coraggio: "Ne sono sicuro: tornerò a camminare e anche a studiare"
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ROMA - "In fondo poteva andarmi peggio, no? Sono vivo, questo è l'importante". Manuel Bortuzzo ha un sorriso disarmante. È ancora pieno di tubicini e attaccato ai monitor ma i suoi occhi verde bottiglia sono pieni dell'energia dei suoi 19 anni. La mamma è accanto al suo letto, lo guarda con ammirazione, gli sorride, lo accarezza. Il suo primo desiderio quando uscirà dall'ospedale San Camillo è semplice: "Voglio stare per un'ora davanti al sole, sono sette giorni che non lo vedo. Questa sarà la prima cosa che farò", mi dice.
Quando arrivo davanti al reparto di terapia intensiva del San Camillo, avverto il papà, Franco, che sono lì fuori e voglio solo consegnare un piccolo regalo per Manuel. Lui non è lì, è in uno studio televisivo, mi scrive. Aspetto che il viavai di amici e parenti che vanno da giorni a trovare Manuel finisca.

Alle 14.45, sono ormai andati tutti via tranne la madre e la sorella maggiore, entro e vado verso la caposala con il mio libro in mano da dare a Manuel. È un libro che parla della mafia di Ostia e di come la gente, il giorno di una sparatoria tra due clan avvenuto proprio sotto casa mia nel 2013, decise di chiudere le finestre e voltarsi dall'altra parte.
Consegno il libro a una infermiera che entra nella stanza dove è ricoverato Manuel. Lei mi dice di seguirla, resto dietro la vetrata, sul corridoio. Lui lo prende, si gira verso il vetro, sorride, mi saluta e mi fa cenno di entrare. Anche l'infermiera dice di entrare. Infilo il camice, come mi dicono di fare i medici, e sono davanti a lui.
Conosce la mia storia e le denunce che ho fatto contro i clan del litorale di Roma. Ci abbracciamo. Mi ringrazia per il libro. "Tornerò a camminare, ne sono sicuro, una volta fuori da qui recupero le forze e fanculo a questa brutta storia". Una storia tremenda che comincia attorno alle 2 di otto giorni fa e che Manuel ricorda nitidamente.
"Eravamo stati a un compleanno e, insieme a Martina (la fidanzata, ndr), ci siamo fermati in piazza Eschilo, non lontano dalla casa dove avevamo festeggiato questa nostra amica. Volevamo andare al pub, all'Irish, ma abbiamo visto che era pieno di auto della polizia, quindi abbiamo deciso di comprare le sigarette al tabaccaio sull'altro lato della strada. Eravamo a poca distanza da un distributore automatico quando uno scooter nero ci si è avvicinato a tanto così".
I due arrestati per la sparatoria: Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano 

La giovane coppia si trova davanti, a pochi metri, i due aggressori. "Erano tutti e due senza casco ed erano messi schiena contro schiena. Nel senso che uno guidava, l'altro invece era girato al contrario, con la schiena poggiata a quella del complice, e aveva in mano una pistola. La puntava contro di noi. Hanno urlato qualcosa, istintivamente mi sono girato e a quel punto ho sentito gli spari". Parla senza fermarsi un attimo, con la madre che scuote la testa nel sentire, ancora una volta, quello che ha vissuto il suo Manuel.
"Mentre teneva la pistola puntata contro di me mi ha gridato: "Figlio di puttana, questa piazza adesso è nostra". Sono caduto a terra ma non sono svenuto subito. Dicevo a Martina: "Cazzo mi hanno sparato, ma che succede? Chiama qualcuno"". E mentre era a terra ha realizzato tutto: non era lui il bersaglio ma gli avevano comunque sparato. "Ricordo che ho sentito lo scooter che si allontanava e i poliziotti sopra di me che mi dicevano di resistere, che era tutto ok e che i soccorsi stavano arrivando". Poi il buio, Manuel ha perso i sensi e si è risvegliato dopo un intervento chirurgico in quella terapia intensiva che proprio oggi dovrebbe lasciare per andare in un reparto normale. I medici ieri gli hanno staccato il drenaggio che aveva ai polmoni. Il racconto continua: "Quei due che mi hanno sparato non li avevo mai visti prima nella mia vita, ma i loro volti li ho stampati davanti agli occhi, tanto che quando mi hanno fatto vedere la loro foto non ho avuto dubbi: sono proprio i due che hanno arrestato".

Paura di loro e di possibili ritorsioni ora non ne ha più. "Ne ho avuta i primi giorni, non tanto per me che ero ricoverato ma per Martina che era fuori e che vive in quel quartiere. Ora che li hanno arrestati sono più tranquillo". Ha 19 anni la giovane promessa del nuoto, ma ha la saggezza di un uomo maturo. "Rabbia verso di loro? No, non ne provo, non la meritano. Sono già sfigati di loro a vivere in un ambiente del genere. Mi dispiace per i loro figli, ho letto che ne hanno. Mi domando cosa persone del genere abbiano da insegnare a dei bambini".
La madre di Manuel lo accarezza. Abbiamo entrambe gli occhi lucidi. Legge la dedica sul libro, si commuove e mi stringe a lei. Le racconto cosa ho scritto su Repubblica rispetto all'inchiesta che riguarda la storia in cui è finito suo figlio. "Li ho letti quegli articoli - dice Manuel - non avevo altro da fare qui". È certo di riuscire a rimettersi in sesto, è pieno di vita: "Ricomincerò anche a studiare, avevo interrotto gli studi per il nuoto, ora li riprenderò".

In questi giorni di recupero e degenza il calore e l'affetto che ha sentito intorno lo ha riempito di energia. "Io non sono nessuno eppure campioni del nuoto e personaggi dello sport mi hanno mandato messaggi e sono venuti a trovarmi qui, pazzesco", ride mostrando dal suo cellulare gli screenshot di tutti i messaggi che gli amici gli hanno girato.
Da ieri ha di nuovo il telefonino e ha subito scritto un messaggio sui social. "Sono stato felice di vedere tanta mobilitazione e affetto per me, mi ha colpito tanto anche la visita di un campione di boxe che mi ha chiesto scusa dopo aver saputo che i protagonisti della rissa che c'era stata nel locale erano dei pugili. "Quello non è pugilato, quella è merda", mi ha detto. Lo penso anche io". Alle 15.10 la caposala ci invita ad uscire, il tempo delle visite è scaduto. Ci stringiamo la mano e ci facciamo un selfie. "Grazie per il libro, me lo leggo subito".