Mahmood (ansa)

Sanremo, televoto e giuria: nessuno complotto. Ecco perché ha vinto Mahmood

Sommare televoto e voto delle due giurie ha prodotto un risultato singolare ma, alla fin fine, giusto ed equilibrato. Proviamo a spiegare quello che probabilmente è successo

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Certo, tutto è perfettibile e, per quello che riguarda Sanremo, nulla è perfetto. Non lo è di certo il voto popolare assoluto, che è stato "corretto" negli anni con l'aggiunta delle altre votazioni per evitare che a vincere, ogni anno, fossero quelli con la maggior popolarità penalizzando quelli con la maggiore qualità.

Non lo è il voto delle sole giurie di giornalisti, che si orientano, naturalmente, con gusti decisamente diversi da quelli del pubblico televisivo o della sala dell'Ariston. E non è sano, per come è fatto Sanremo, nemmeno un voto dato unicamente da una giuria "d'onore" come quella che quest'anno ha contribuito a determinare un risultato diverso da quello che ci sarebbe stato con il televoto. Sommare le tre cose ha prodotto un risultato singolare ma, alla fin fine, giusto ed equilibrato, perché ha premiato tra i tre artisti in finale, quello per il quale l'equilibrio tra popolarità e qualità era mediamente più alto. Proviamo a spiegare quello che probabilmente è successo, e diciamo probabilmente perché gli unici numeri che abbiamo a disposizione sono quelli del voto popolare e le percentuali di "peso" delle diverse giurie.
Il dato finale certo è che Mahmood ha vinto con una media ponderata del 38.9%, Ultimo si è arrivato a conquistare la il secondo posto con il 35.6% ed Il Volo ha raggiunto al terza posizione con il 25.5%. Il dato del televoto da solo era decisamente diverso: Ultimo per il pubblico da casa era il primo, con con il 46.5% delle preferenze, Il Volo ha conquistato un notevole 39.4% dei consensi e Mamhood solo il 14.1% dei voti.

Come è stato possibile che si sia invertito il risultato finale? Con i voti assegnati dalle altre due giurie, quella dei giornalisti e quella della "Giuria d'Onore", che hanno votato Mahmood in blocco e non avrebbero potuto fare diversamente. Spieghiamoci: la sala stampa aveva due beniamini, Daniele Silvestri e Rancore, premiati ampiamente con i riconoscimenti assegnati dalla critica. E poi c'era Cristicchi, anche lui premiato con due riconoscimenti per il testo e la musica. E poi, volendo scendere di qualche gradino, c'erano la Bertè, Motta (anche lui non a caso premiato la sera precedente), Zen Circus, Achille Lauro... Nessuno di questi ha passato la selezione finale, dove la dispersione dei voti della sala stampa, che non si è concentrata su un unico candidato ma ha votato per puro gusto personale, non ha permesso a nessuno di loro di prevalere.

La sala stampa, alla fine, si è trovata a dover votare fra tre finalisti che non erano la "prima scelta" dei giornalisti. Tra i tre rimasti quello che metteva d'accordo tutti era Mamhood, con il giusto equilibrio tra divertimento, qualità, tematiche e musica. Non abbiamo i numeri, sappiamo solo che la somma dei voti delle due altre giurie ha determinato con il 63% a Mamhood, il 24,7% a Ultimo e solo l'11,6 a Il Volo ha determinato il ribaltone, ma possiamo ipotizzare che un 50% dei voti della stampa sia andato a Mamhood, più di un trenta a Ultimo, quel che resta a Il Volo. Un voto "di sinistra"? No, la sala stampa conta circa quattrocento giornalisti, di tutte le testate italiane, non solo quelle orientate a sinistra. E la sala stampa, proprio per la ovvia "competitività" tra i critici dei diversi giornali, non è orientabile in un senso o in un altro, ogni giornalista vota per proprio conto, nessuno si accorda con nessuno.

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Poi c'è la "Giuria d'Onore" e qui tutto cambia, perché si tratta di una giuria, che funziona quindi con meccanismi collettivi. Spieghiamoci meglio: una giuria è un organismo che prevede che venga presa una decisione dopo un confronto, cosa che certamente è avvenuta tra i giurati seduti in prima fila all'Ariston. Quindi è ipotizzabile che la giura abbia scientemente deciso di mettere la maggior parte del suo peso, il 20% del totale, su un personaggio solo dei tre, con il classico meccanismo per il quale ogni giuria, anche quella del festival di Cannes o quella del festival di Venezia nel cinema o quella del Premio Strega in letteratura, decide un unico vincitore. E quale artista tra i tre avrebbe mai dovuto votare una giuria composta da Mauro Pagani, Elena Sofia Ricci, Ferzan Ozpetek, Serena Dandini, Claudia Pandolfi, Beppe Severgnini, Camila Raznovich e Joe Bastianich? Lo hanno fatto perché sono di sinistra? No, lo hanno fatto perché hanno valutato la qualità "artistica" del brano a loro avviso, liberamente.

La giuria d'onore funziona come le giurie dei festival di cinema e nello stesso modo si è comportata. Facciamo un esempio? Mettiamo il caso che in un'ipotetica serata finale del Festival di Venezia arrivassero a contendersi la vittoria "Cado dalle nubi" di Checco Zalone e "Perfetti sconosciuti" di Paolo Genovese, cosa credete che avrebbe votato la stessa giuria? E se fosse stata a Cannes davanti a un film degli Avengers e uno di Cuaron? Conterebbe che Zalone e gli Avengers sono amatissimi dal pubblico? Sarebbe un "voto di sinistra" far vincere Genovese o Cuaron? AI festival di cinema vincono spesso film talmente impopolari che nemmeno arrivano in sala, nessuno pensa di giudicare incompetenti o cretini i componenti delle giurie.

Oltretutto le regole del gioco erano chiare fin dall'inizio, soprattutto ai cantanti. Supponiamo che Ultimo abbia chiamato Baglioni e gli abbia detto "ho una canzone che vorrei proporre al Festival", Baglioni l'ha ascoltata, ha detto di sì e poi ha aggiunto: "E' una gara, ci sono meccanismi diversi di voto, quello popolare, quello della sala stampa e quello della 'Giuria d'Onore". Funziona così. Ti va bene partecipare?". E Ultimo deve aver risposto di si. Non sappiamo se sia andata veramente in questo modo ma di certo Ultimo, al secolo Niccolò Moriconi, è stato informato di come funzionava la gara prima di parteciparvi. Sapeva che i voti si sarebbero sommati e che ogni parte del meccanismo avrebbe avuto un peso diverso. Sapeva e accettato che potesse finire così. Inutile, anzi stupido, recriminare adesso. Le regole del gioco erano chiare fin dall'inizio, se oggi non le accettasse, solo perché non ha vinto, Ultimo non avrebbe ragione.

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Quindi? La "magia" del festival è già finita, la "fratellanza dell'amore universale" è svanita assieme alle prime luci dell'alba di domenica, è tornata ad avere visibilità non l'Italia delle canzoni, della bellezza, del divertimento e dell'armonia, ma quella che pensa che le "elite" siano responsabili di tutto, contro il volere del popolo, in questo caso incarnate dai giornalisti e da un pugno di artisti e personaggi dello spettacolo di chiara fama, "elite" che nel comune sentire di questi tempi non dovrebbero contare di più del televoto. Peccato, Sanremo è finito, ci siamo svegliati e siamo tornati ad essere quelli di sempre.