Caro Molinari,

il problema dell’Italia è che abbiamo poco coraggio. Ne siamo quasi privi, perché la placenta del coraggio è l’ideale. Ci si batte con convinzione solo se si crede profondamente nel valore che si vede minacciato o che si vuole diffondere. Noi non abbiano più ideali, ma piccoli interessi che alimentano l’opportunismo: farsi i fatti propri e tirare a campare.

Ma non è stato sempre così. E oggi ricorre l’anniversario dei 170 dalla nascita della Repubblica Romana (9 febbraio 1849), una delle pagine più alte del coraggio nazionale, perché a sostenerlo e moltiplicarlo era il grande ideale di una nazione democratica, unitaria e laica, sulla scia dei moti del 1848. Il sogno è durato pochi mesi, ma ha attirato a Roma i grandi cuori della nascente Italia e persino patrioti di altre nazioni, in un Erasmus libertario, dove si partiva per sostenere popoli lontani nella collocazione, ma fratelli nell’aspirazione.

La Repubblica Romana durò pochi mesi, ma abbastanza per produrre una Costituzione, che fu l’embrione di quella che poi venne redatta dai costituenti. Chi ci dice: «Abbiate paura e fatevi gli affari vostri, perché gli ideali sono pericolosi» ci offende. Chi dice: «State zitti, perché non spetta a voi parlare» ci offende. Chi dice: «Scegliete un uomo forte, così fa tutto lui» ci offende. Il coraggio è duro, ma è l’unica via per ottenere la dignità di una nazione.

Massimo Marnetto

Caro Marnetto,

la Repubblica Romana guidata da Mazzini, Saffi e Armellini resta un importante esempio di identità collettiva per il nostro Paese perché coniuga due aspetti cruciali, complementari. Il primo riguarda l’importanza dei diritti perché ciò che rese rivoluzionario quell’esperimento repubblicano fu il riconoscimento dei diritti civili - politici, elettorali e religiosi - dei cittadini che, uniti all’abolizione della pena di morte, ne fanno ancora un modello di governo illuminato. Il secondo aspetto investe invece ciò a cui Mazzini teneva di più: i doveri della cittadinanza, la responsabilità dei governati di essere partecipi e protagonisti del buon governo del territorio. Fu proprio questo senso del dovere la fonte del coraggio di cui lei giustamente scrive.

Quanto era vero allora lo è ancora oggi: una Repubblica trova la sua legittimità nel rispetto dei diritti dei cittadini come la sua forza dal senso del dovere dei medesimi cittadini verso il bene pubblico. Anche per questo è opportuno conservare gelosamente memoria e valori di quel primo, breve ma ancor oggi vitale, esperimento repubblicano.

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