Seydou (Abdoulaye Diallo) e F

Il damerino finisce nelle banlieue

di Cristina Battocletti

Per un nuovo metodo

2' di lettura

Durissimo, implacabile, sprezzante verso gli allievi del prestigioso liceo del centro parigino dove insegna, Françoi s Foucault (Denis Podalydès) è un single di mezza’età, protagonista di Il professore cambia scuola, scritto e diretto da Olivier Ayache-Vidal, da oggi nei cinema.

Figlio di un intellettuale e scrittore, cresciuto in un ambiente colto e snob, è convinto della fallacia del sistema dell'istruzione francese e teorizza la possibilità di un miglioramento della società mescolando le classi sociali, ovvero mandando i migliori insegnanti del centro a risollevare le banlieue.

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Il professore e la classe

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Mentre esprime questa sua idea ad alta voce, viene ascoltato da un membro del gabinetto ristretto del ministro dell’istruzione che lo invita ad approfondire la sua testi durante un pranzo. Poiché il funzionario in questione è una bellissima donna, François scambia l’invito per l’inizio di una possibile liaison e si precipita al ministero, ritrovandosi invece candidato a sperimentare lui stesso il progetto in una scuola media della periferia cittadina. Dopo questo inizio esilarante, molto fedele ai copioni lucidi e invidiabili delle commedie d’oltralpe, il film cambia tono, dicentando più intimista e malinconico. François si trova di fronte a una platea tutta diversa da quella “parisienne” che è abituato a torchiare con interrogazioni e votacci. È composta da ragazzini per lo più di colore, o caucasici con cognomi che tradiscono una provenienza dall’Est Europa. Vi è una stidentessa che si chiama Ionesco, ma non sa proprio chi sia quell’Eugène che il professore le nomina.

I metodi di François non funzionano in periferia, dove a durezza si risponde con durezza, e il professore finisce vittima di uno scherzo pesante prima di Natale. A giocarglielo, è di sicuro Seydou (Abdoulaye Diallo), il più ostico, il più imprendibile, il più scivoloso dei suoi alunni. Forse anche quello con maggiori questioni familiari aperte.

Nonostante il tono a volte malinconico e serio, la pellicola non assume mai il senso della denuncia sociale, perché i problemi e le infrazioni che commettono gli allievi non sono mai gravi. Non vi sono questioni di spaccio, bullismo, violenze sessuali. Insomma Il professore cambia scuola è più vicino a Io speriamo che me la cavo che a La classe di Laurent Cantet, Palma d’oro a Cannes nel 2008.

Molto acuta è invece l’analisi della classe insegnante, lasciata da sola di fronte a una realtà di disagio in cui dovrebbe intervenire lo Stato, ma anche convinta che non ci sia nulla da fare se non raddrizzare gli allievi con punizioni che di fatto li allontanano dalla scuola. E pronta a farsi la guerra invece di unirsi per risolvere l’emergenza.

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