Economia

Vittima di cyberbullismo, oggi insegna ai manager come si usano i social

Davide Dal Maso ha 23 anni. Si è fatto da solo studiando in Rete e partendo per il Galles con una borsa di studio europea di sei mesi.  Ha fondato anche un'associazione di volontariato per con cui va nelle scuole a insegnare ai giovani come sfruttare Internet e non caderne vittime
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ROMA - Davide Dal Maso ha 23 anni. Quando andava al liceo e veniva chiamato alla cattedra i compgni filmavano col cellulare l'interrogazione. Poi la mettevano sulle pagine Facebook. Una gogna, soprattutto quando c'era l'interrogazione di inglese. Un cyberbullismo seppur lieve, che comunque gli dava fastidio. Eppure Davide amava la Rete, passava i suoi pomeriggi a casa a giocare ai videogiochi. Ma ha capito subito che Internet poteva essere prima di tutto una risorsa.

Così è andato alla pizzeria vicino casa, a Vicenza, e gli ha proposto di costruirgli la pagina Facebook. E' andata bene.  Poi è stata la volta della palestra. Lavoretti. Una volta preso il diploma di ragioniere ha trovato un posto in una piccola azienda, ma non s'è mai presentato, nonostante il disappunto dei genitori, due operai della concia. E' invece partito alla volta del Galles, con una borsa di studio europea. Chiamato dal governo locale di Cardiff a gestire le pagine Facebook dei servizi offerti e tutte le comunicazioni sui social. Sei mesi che gli hanno insegnato molto. "Loro sono molto più avanti di noi", confessa oggi. Una volta tornato a casa ha iniziato a darsi da fare. E oggi è anche il professore più giovane d'Italia. Tiene lezione di “social media e promozione online" in un Istituto tecnico di Vicenza. Ma fa di più.

Viene chiamato dai manager di Confindustria e dalle aziende come social media coach. "Sono gli stessi manager a chiamarmi perché non tutti sono in grado di gestire i social media. Ci si iscrivono - spiega Davide - ma poi non sanno come ricavare il meglio da questi contatti. Perché il punto è proprio questo, saper comunicare con i social, non usarli passivamente che è ciò che spesso fa la maggior parte delle persone. Oppure sono le aziende, anche di grosse dimensioni, che mi chiedono consulenze. Ce n'è una che vende cover per cellulari e oggi fattura 500mila euro l'anno. Ha dei punti vendita in tutta Italia, ma ormai vende per lo più tramite WhatsApp".

Lei si è fatto da solo, senza seguire alcun corso. Pensa sia possibile per tutti?
"Dipende, ma penso di sì. Certo io avevo una passione, che nasceva dai vidogiochi. A Cardiff ho imparato molto, ma il più l'ho ftto da solo, direttamente sulla Rete. Corsi online, per lo più gratuiti, ce ne sono molti. Ho sempre pensato che usare passivamente Internet, come fanno i ragazzini, che magari stanno ore davanti al cellulare passivamente sia inutile e anche pericoloso. E' come mandare un ragazzino da solo in un parco pubblico in piena notte, perché anche questa è la Rete". 

Lei nel 2017 ha costituito anche un'associazione "Social warning-movimento etico digitale" e va nelle scuole a insegnare. Che cosa?
"E' sempre stato il mio sogno. Diciamo che faccio il social media coach per guadagnarmi da vivere e ci vivo bene, ma la mia idea fin dal liceo era cercare di far capire ai giovani come me che dalla Rete bisogna imparare, non farsi condizionare. I videogiochi sono forse la cosa più passiva. Ci sono siti dove si guardano gli altri giocare e i ragazzini ci stanno anche ore. E' folle? No, perché anche gli adulti stanno ora a guardare i siti di cucina. Però bisogna guidarli perché ci sono invece giochi, uno è Fortnite, dove si gioca uno contro l'altro, ma che, a differenza degli altri videogiochi non si può mettere in pausa e quindi è più difficile staccarsi. Ecco io credo che ai ragazzi vadano forniti gli strumenti per fare altro sul web. Noi incontriamo le classi in giro per l'Italia e consegnamo loro cose da fare, come i corsi online, dove si può imparare qualcosa. E devo dire che loro sono contenti. Ecco io credo che nelle scuole dovrebbero insegnare educazione civica digitale".

Quante ore sta sui social?
"Quattro, cinque ore al giorno. E secondo me sono già troppe, ma è pur vero che io ci lavoro".