4 dicembre 2018 - 20:50

La mediazione del premier con Moscovici e Juncker che riapre il dialogo «tecnico»

Il clima di ritrovata fiducia fra Commissione europea e governo italiano, al di là dei comunicati e delle investiture politiche, ha di fatto realizzato quanto per mesi è stato decisamente negato. La riduzione del rapporto tra deficit e Pil

di Marco Galluzzo

La mediazione del premier con Moscovici e Juncker che riapre il dialogo «tecnico»
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ROMA — Se il ministro dell’Economia è rimasto in qualche modo colpito, se non dispiaciuto, per il comunicato di domenica scorsa dei due vicepremier, che investivano il capo del governo di tutta la fiducia possibile nel dialogo con la Commissione europea, ignorando di fatto il ruolo del ministro, la vicenda ha assunto nelle ultime ore anche un aspetto paradossale. Il clima di ritrovata fiducia fra Commissione europea e governo italiano, al di là dei comunicati e delle investiture politiche, ha di fatto realizzato quanto per mesi è stato decisamente negato, ad ogni livello, anche con scontri durissimi all’interno della maggioranza: e ovvero il dialogo diretto e costante fra i «tecnici» della Commissione e i loro colleghi italiani del Mef.

Sotto la supervisione e «il silenzio operoso» del presidente del Consiglio, che si mostra come Salvini ottimista su un compromesso con le autorità di Bruxelles, c’è infatti un segno di discontinuità che non è da poco: gli uffici di Jean Claude Juncker e quelli di Moscovici stanno lavorando a stretto contatto con i colleghi di via XX Settembre, ad una riscrittura della manovra che a questo punto, se troverà un punto di equilibrio condiviso, avrà avuto anche suggerimenti e matrici comunitarie.

Rispetto alla narrativa di qualche mese fa è una totale inversione ad U, quantomeno di metodo, e non è un caso che il comunicato di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, domenica scorsa, sia stato in sostanza richiesto, anche se in modo ufficioso e diplomatico, proprio dalle autorità europee, durante i colloqui a margine del G20 di Buenos Aires: non potevano continuare a trattare con un presidente del Consiglio, e con un ministro dell’Economia, che avevano forza istituzionale ma non negoziale e politica, almeno sino in fondo. Il messaggio è stato passato con cortesia, è stato recepito, poi è arrivato il comunicato: e l’esclusione di Tria assume in questo contesto quasi il sapore di una ripicca, visto che gli staff del ministro e della Commissione lavorano ormai a stretto contatto.

Quanto tutto questo stia realmente avvicinando le due posizioni è ancora da vedere. Ieri il premier Giuseppe Conte ha risposto alle parole e alle critiche di Confindustria rimarcando la vicinanza di questo esecutivo alle imprese del Paese: «Questo governo è molto attento alle imprese, non è affatto vero il contrario. Questa settimana porteremo in cdm un progetto di legge delega che abbraccia la semplificazione di tutta la Pa e con delle leggi delega lavoreremo anche sui contratti pubblici, codice del processo civile e penale», ha affermato davanti alla platea dell’Anfia. «La spinta alla crescita verrà da un’azione governo a tutto campo, stiamo cambiando le regole dell’ambiente in cui operano le imprese».

Altro messaggio diretto agli imprenditori: nella manovra «è centrale il piano di investimenti per 20 miliardi nei prossimi tre anni. Essi sono destinati ad infrastrutture e opere di difesa del territorio contro i rischi idrogeologici che, oltre ad avviare un processo di risanamento assolutamente necessario, daranno un impulso decisivo soprattutto in quei settori che più intensamente usano i vostri prodotti». Sulla manovra invece nulla, solo «silenzio operoso».

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