4 dicembre 2018 - 10:25

Inchiesta sulla sentenza Mediolanum: accuse a giudici e legali*

I pm: «Verdetto aggiustato». Berlusconi non coinvolto

di Fiorenza Sarzanini

Inchiesta sulla sentenza Mediolanum: accuse a giudici e legali
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La sentenza del Consiglio di Stato su Mediolanum fu «aggiustata». È questa l’ipotesi della Procura di Roma che ha iscritto tre persone nel registro degli indagati per corruzione in atti giudiziari. Sono il relatore del «verdetto» Roberto Giovagnoli, l’avvocato Francesco Marascio e l’ex funzionario di palazzo Chigi Renato Mazzocchi. Secondo l’accusa «alcuni giudici avrebbero accettato la promessa di denaro» per annullare la decisione del Tar che aveva imposto a Silvio Berlusconi di cedere le quote della Banca. Si allarga dunque l’inchiesta sulle toghe che avrebbero ottenuto soldi e favori per accogliere i ricorsi. L’ex Cavaliere non risulta invece coinvolto perché non è stato trovato alcun elemento per dimostrare un interessamento diretto né la consapevolezza di un accordo illecito sulla vicenda.

La perquisizione

Le verifiche nascono da una perquisizione avvenuta due anni fa a casa di Mazzocchi, nell’ambito dell’inchiesta affidata al Nucleo Valutario della Guardia di Finanza sugli affari gestiti da politici e imprenditori guidati dal faccendiere Raffaele Pizza e denominata «Labirinto» proprio per la complessità dei rapporti tra i protagonisti. Gli investigatori trovano 247 mila euro nascosti nelle confezioni di spumante, ma soprattutto copie di alcune sentenze del Consiglio di Stato segnate con appunti e «post-it». Tra queste, la bozza del verdetto su Mediolanum. La storia è nota e riporta al 7 ottobre 2014, dopo la sentenza che ha condannato Berlusconi a quattro anni nel processo per i diritti tv. Quel giorno Bankitalia impone al Cavaliere di cedere «la propria quota in Mediolanum oltre il 9,9 per cento, ovvero il 20 per cento circa, che valeva circa 1 miliardo di euro» perché «non è in possesso dei requisiti di onorabilità» necessari per essere soci al 10 per cento in un gruppo bancario.

Il ricorso

Il Cavaliere si oppone e presenta ricorso al Tar ma i giudici gli danno torto e confermano la disposizione di palazzo Koch. I legali fanno ricorso e nel marzo 2016 arriva il verdetto favorevole perché il collegio — presidente è Francesco Caringella, estensore Roberto Giovagnoli — ritiene fondata la tesi secondo cui le quote erano già detenute da Berlusconi prima del passaggio dal sistema assicurativo a quello bancario. Sembra tutto regolare, ma quando scattano gli arresti per l’operazione «Labirinto» si capisce che potrebbe esserci stato un accordo sottobanco. E Mazzocchi deve chiarire come mai conservasse a casa le sentenze, ma anche gli appunti che danno conto dei suoi contatti e movimenti.

L’appunto

In alcuni scritti e sulla bozza della sentenza sono annotati veri e propri suggerimenti su come confutare le tesi di Bankitalia. Su un foglietto il funzionario scrive: «Ho parlato con B. il quale mi ha detto che il relatore del 4 dicembre è lo stesso del 24 gennaio». Secondo le verifiche svolte dai pm «B.» potrebbe essere Stefano Baccarini, il giudice che a dicembre aveva concesso la sospensiva, mentre il relatore sarebbe Giovagnoli. Nel febbraio di un anno fa, per un’altra inchiesta su sentenze aggiustate, viene arrestato l’avvocato Amara che l’estate scorsa decide poi di collaborare svelando i nomi di alcuni giudici e «mediatori» a «libro paga». Si arriva così alla sentenza Mediolanum e nell’elenco dei professionisti coinvolti c’è Marascio, difeso dagli avvocati Gianluca Tognozzi e Danilo Romagnino. Ieri è stato convocato in Procura per essere interrogato e si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Daremo spiegazioni, ma vogliamo prima esaminare le carte dell’accusa», chiarisce Tognozzi.

*Il procedimento penale è stato archiviato nei confronti dell’avv. Francesco Marascio e degli altri indagati.

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