3 dicembre 2018 - 23:33

Tav, «Conte convinca i suoi vice o si dimetta». Le imprese attaccano, è lite col governo

Migliaia a Torino per Tav e crescita. Il vicepremier Salvini: non so quanto Confindustria sia rappresentativa. Boccia: ««Noi siamo quelli che non se ne fregano se sale lo spread»

di Marco Imarisio

(Ansa)
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La foto di gruppo conta. Come ripetono all’unisono i 12 presidenti chiamati a parlare, non era mai successo prima che le più importanti associazioni datoriali d’Italia mettessero da parte la proverbiale litigiosità per trovarsi insieme, d’accordo su un unico messaggio. In questa città poi, divenuta contro la sua volontà capitale morale del no alla Tav per via di un ordine del giorno votato dalla maggioranza M5S e al tempo stesso considerata dagli avversari politici simbolo di una decrescita infelice. «In questa sala è rappresentato il 65% del Pil nostrano» è l’esordio del numero uno di Confindustria Vincenzo Boccia. A conti fatti, ragionano alcuni imprenditori in platea, la cifra è sbagliata per difetto. Questi Stati generali delle categoria produttive alle Ogr, le Officine grandi riparazioni dove per quasi un secolo sono stati aggiustati treni che giungevano da tutta Europa, segnano forse la prima apparizione di un’altra chimera della politica italiana, il famoso Partito del Pil. Sotto al palco ci sono i 2.500 iscritti alla convention, delegazioni nazionali di imprenditori e industriali che coprono quasi tutta l’Italia, dal Veneto alla Campania. Siccome questa è Torino, è sempre da quella benedetta linea veloce per Lione che si comincia, anche perché questa ribellione dei colletti bianchi ha un legame forte con i 35 mila della manifestazione Sì Tav di tre settimane fa, e non solo per la presenza di alcune «madamine» in sala. Il titolo dice già molto, «Infrastrutture per lo sviluppo», con annessa firma collettiva di un manifesto, ma dentro lo scontento degli imprenditori ci finiscono le grandi e medie opere che non avanzano. «Cos’è questa follia di sottoporre all’analisi costi-benefici opere già approvate e in appalto?», si chiede Gabriele Buia, presidente dell’associazione nazionali costruttori edili. «Perché a Roma nessuno dice che è una cosa senza senso?».

Tono di sfida

Sono domande retoriche, rivolte al principale imputato e convitato di pietra di questo evento. Al governo di un cambiamento sul quale si sprecano le ironie, sotto e sopra il palco. Contano anche le parole, non solo le foto ricordo. Quelle di Boccia sono di una durezza inedita, anche perché rivolte per la prima volta a entrambe le anime dell’esecutivo.Il presidente di Confindustria, che appena due mesi fa aveva elogiato la Lega, arriva a fare il verso a Salvini, parafrasando una delle sue frasi preferite. «Noi siamo quelli che non se ne fregano se sale lo spread» è la premessa del suo primo intervento. «Siamo contro una manovra che non produce crescita. Chi sta al governo deve avere il senso del limite e capire che bisogna uscire subito dalla procedura di infrazione. Se fossi in Conte convocherei i due vicepremier e gli chiederei di togliere 2 miliardi per uno visto che per evitarla ne bastano 4. Se rifiutano, al suo posto mi dimetterei e denuncerei all’opinione pubblica chi non vuole arretrare». Le repliche non si fanno attendere e hanno lo stesso tono di sfida. Di Maio sceglie per una volta l’ironia — «E anche Boccia ha detto la sua...» —, Salvini ci va più pesante: «Non so quanto Confindustria rappresenti gli imprenditori». Di sicuro in platea erano molto rappresentati territori e categorie che da sempre guardano alla Lega, cominciando dal presidente degli industriali veneti, Matteo Zoppas. «Non c’è alternativa alla crescita, è questo il messaggio forte che lanciamo al governo».

Pazienza «quasi» al limite

L’insofferenza per le politiche governative che vengono percepite come ambigue è tutta nella progressiva scomparsa degli avverbi. All’inizio della sessione, Boccia dice che la pazienza è «quasi» al limite. Gli applausi e le urla che si levano dal pubblico ai passaggi più tosti di ogni intervento hanno l’effetto di allentare freni inibitori e prudenze, rendendo palpabile quella che appare come una frattura sempre più ampia. «Basta con questo clima di incertezza» dice Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti e unica donna iscritta a parlare. «Non si può cambiare idea o tentennare dopo che si era già deciso, sulla Tav come sul Terzo valico. Chi amministra il nostro futuro non può creare disorientamento e bloccare processi in corso». Non scherza neppure Maurizio Casasco, numero uno dei piccoli imprenditori. «Stiamo pagando costi sempre più alti, senza trarre nessun beneficio. Abbiamo bisogno di leader, non di segretari di partito». E così la sintesi finale di Boccia non prevede avverbi. «Basta cavalcare ansie, basta cercare colpevoli, la stagione degli alibi finisce oggi». Il prossimo appuntamento collettivo potrebbe essere a Milano. E saranno altre foto, di un certo peso.

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