G-20, il valzer per Mohamed bin Salman

Mondo

Gianluca Ales

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Si è concluso il G-20 di Buenos Aires dove, a parte alcune scene di imbarazzo, il principe Mohamed bin Salman, al centro dell’attenzione internazionale per l’omicidio Khashoggi, ha incontrato diversi leader mondiali. E si è parlato di affari

Ci sono due foto che inquadrano perfettamente l’atmosfera che si è respirata al G-20 di Buenos Aires. La prima è la cosiddetta “foto di famiglia”, con tutti i leader riuniti. In questa Mohamed bin Salman è in una posizione defilata, circondato da facce assenti. Nessuno gli rivolge lo sguardo. Le espressioni, più che le posizioni - decise da un rigido protocollo, in queste foto sono decisive. E quelle per MbS, nel linguaggio della diplomazia, esprimevano un giudizio: “paria”.

L’erede al trono saudita, regnante de facto, subiva quindi la condanna espressa dalla comunità internazionale per il suo coinvolgimento nell’omicidio di Jamal Khashoggi.

Un "cinque" che sdogana

Poi, però, ce n’è un’altra, con Vladimir Putin, in cui i due si scambiano un “cinque” sorridenti e una vigorosa stretta di mano. Va bene, si dirà, in fondo anche il presidente russo – a causa del dossier ucraino - non gode di una particolare stima e affetto, e si tratta di una “solidarietà” tra personaggi scomodi.

Non è così. La stretta di mano da parte di Putin è invece lo sdoganamento dell’altrimenti imbarazzante MbS, il quale, a parte la foto di famiglia, non ha subito alcun tipo di isolamento. Basti pensare che la sua agenda ha previsto ben 12 incontri tra cui, per intenderci Justin Trudeau, Theresa May, Birendra Modi, Emmanuel Macron, Xi Jinping e, tanto per non farci parlare dietro da nessuno, anche Giuseppe Conte.

Bisogna dire che - esclusi Xi e Modi, beatamente disinteressati alla vicenda - tutti hanno tenuto a chiarire che la vicenda Khashoggi è stata approfondita negli incontri e che è stata chiesta un’indagine internazionale per fare luce sul brutale omicidio avvenuto nel consolato saudita di Istanbul.

Detto ciò, si è parlato di affari.

Ora, nessuno può pensare che la politica estera si faccia con il parametro dell’etica, altrimenti non potremmo praticamente approvvigionarci di materie prime: si pensi a quel che succede in Congo e al preziosissimo (per i nostri cellulari e pc) coltan, o ai materiali plastici di cui siamo circondati e alla provenienza del petrolio con cui vengono prodotti.

I "no" che contano

Però forse si potrebbe pretendere un minimo di coerenza da chi ci governa. Inutile alzare alti lai sul brutale omicidio se poi non si ha nemmeno la forza di isolare – almeno pro forma - il presunto responsabile a un vertice internazionale.

In questo va riconosciuto che almeno Angela Merkel ha opposto il suo pesante rifiuto ad incontrare MbS.

Discorso diverso invece per il turco Recep Tayyip Erdogan, che si è negato alle richieste di meeting di MbS: l’omicidio è avvenuto sul suo territorio ed è in competizione con Riyadh per la leadership del mondo sunnita. Ha respinto la ricostruzione – sostenuta da Trump - secondo cui “non è possibile individuare un responsabile” e ha sottolineato che la sua non è una spinta politica, ma fame di giustizia.

E Erdogan paladino dei diritti civili era un paradosso che proprio ci mancava.

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