Quasi 400 miliardi di dollari. Questo è l’impatto reale dei dazi americani sulle importazioni dalla Cina, stando a quanto rivela un recente studio sulle restrizioni al commercio nell’area delle venti maggiori economie del mondo. Secondo il rapporto Global Trade Alert redatto da due studiosi dell’Università di San Gallo in Svizzera, l’export cinese sarebbe stato colpito dai dazi imposti da Washington per una somma pari a 369 miliardi di dollari, contro i 278 miliardi solitamente riportati dai principali media internazionali.

Le “distorsioni commerciali” adottate da Washington hanno infatti riguardato 47 miliardi di dollari di merci spedite verso gli Stati Uniti e altri 43 miliardi di merci spedite verso altri partner commerciali di Pechino. Risultato: l’impatto della guerra commerciale tra Washington e Pechino sulle esportazioni di quest’ultima è del 30 per cento maggiore rispetto a quanto stimato negli ultimi mesi.

In generale, però, aumenta del 20 per cento anche l’impatto dello scontro sul volume totale delle esportazioni dei due Paesi. Nel 2017 la guerra a suon di dazi e barriere commerciali tra le due principali economie mondiali riguardava il 70 per cento dei beni in uscita dai due paesi. Dopo l’escalation di quest’anno, oggi è coinvolto dallo scontro l’87 per cento delle esportazioni cinesi verso gli Usa e il 92 per cento delle esportazioni Usa verso la Cina.

Il rapporto dell’Università di San Gallo, che dal 2009 cerca di valutare le tendenze del commercio mondiale verso il protezionismo nell’area del G20, mette in contesto la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. Nonostante il “rumore” e la retorica che circondano lo scontro, questo riguarda appena il 22 per cento del commercio globale colpito da ostacoli alla libera circolazione delle merci.

Intanto, c’è attesa per l’incontro al G20 di Buenos Aires tra i presidenti di Cina e Stati Uniti. Xi Jinping e Donald Trump si parleranno  per arrivare a un “cessate il fuoco” commerciale e discutere di possibilità di cooperazione future in ambiti come lo sviluppo sostenibile, nuove tecnologie e infrastrutture. Trump ha già annunciato, dalle colonne del Wall Street Journal, che difficilmente farà un passo indietro sull’applicazione dei dazi del 25 per cento sull’import dalla Cina a partire dal primo gennaio del 2019, come annunciato nelle ultime settimane. Anche la Cina non intende però fare passi indietro. Pechino infatti è determinata a “combattere per salvaguardare i propri interessi”, ha spiegato alla stampa Cui Tiankai, ambasciatore cinese a Washington a stretto giro dalle dichiarazioni di Trump.

Secondo gli osservatori il testa a testa tra Cina e Stati Uniti potrebbe scoraggiare ogni iniziativa di dibattito e tra i Paesi del G20 e trasformare il summit di Buenos Aires in un nuovo buco nell’acqua a poche settimane dal naufragio del vertice Apec in Papua Nuova Guinea. Il vertice di Port Moresby è infatti stato il primo in vent’anni a concludersi senza un comunicato congiunto dei leader dei paesi riuniti. E a questo giro, tra gli argomenti caldi, c’è la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), tema sul quale la contesa Cina-Usa potrebbe inasprirsi ulteriormente impedendo una reale distensione.

La scorsa settimana il viceministro per il commercio Wang Shouwen aveva attaccato l’organismo per una serie di “cavilli” che favoriscono posizioni di monopolio di alcuni stati membri su altri. Un attacco indiretto agli Stati Uniti che, da parte sua, vorrebbe vedere maggiori sanzioni applicate alle politiche di Pechino che negli anni hanno favorito una eccessiva capacità produttiva delle imprese statali in settori chiave come l’acciaio.

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