Mosca e Kiev si guardano con diffidenza e intanto affilano le lame. Lo scontro navale al largo della Crimea ha scatenato raffiche di dichiarazioni bellicose tra Ucraina e Russia, che ora corrono a rafforzare le loro posizioni militari nelle zone investite dalla nuova fiammata di tensioni: la Crimea, il Mar Nero e il Donbass in guerra. Kiev sta inoltre sfoderando tutta una serie di provvedimenti e restrizioni nel timore di «un’offensiva russa». Dopo aver introdotto la legge marziale in dieci regioni «a rischio attacco», l’Ucraina ha imposto il divieto d’ingresso nel Paese agli uomini russi tra i 16 e i 60 anni. Praticamente a tutti coloro che sono in teoria in grado di imbracciare le armi. L’obiettivo della misura - ha spiegato il presidente Petro Poroshenko - è impedire ai russi di formare distaccamenti di «eserciti privati» agli ordini di Mosca.

Il conflitto nel Donbass

Il Cremlino ha strappato la Crimea all’Ucraina nel 2014 con un’invasione di uomini armati e senza insegne di riconoscimento. Poi ha fomentato il conflitto nel Sud-Est ucraino fornendo tutto il sostegno militare possibile ai separatisti. Anche schierando i mercenari del famigerato Gruppo Wagner. I timori di Kiev sono quindi più che fondati. A destare qualche dubbio è semmai la reale efficacia di questo divieto. Le ispezioni alla frontiera tra Russia e Ucraina ora saranno probabilmente più severe. Ma per centinaia di chilometri il confine non è minimamente sotto il controllo degli ucraini. Le repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk sono connesse territorialmente alla Russia, e da lì continuano a ricevere armi e combattenti senza che Kiev possa intervenire.

Il divieto non riguarda i cittadini russi che vanno in Ucraina per la malattia o per i funerali di un parente. Ma potrebbe colpire moltissime persone, soprattutto con l’approssimarsi delle feste. L’anno scorso, un milione e mezzo di russi hanno visitato l’Ucraina. Molti hanno amici e familiari nel Paese vicino, che una volta faceva parte dell’Urss proprio come la Russia e dove la lingua russa è ampiamente diffusa.

Per alcuni analisti la reazione di Kiev alla cattura di tre suoi vascelli con i relativi equipaggi è in parte da leggere alla luce delle presidenziali alle porte. I sondaggi danno a Poroshenko poche chance di essere rieletto e il presidente ucraino potrebbe sfruttare il momento per aumentare la propria popolarità ergendosi a leader della lotta all’invasore.

Le manovre militari

La legge marziale varata questa settimana - pur mitigata su richiesta del Parlamento - era infatti stata evitata persino nel 2014 e nel 2015, gli anni più sanguinosi del conflitto nel Donbass. «L’Ucraina potrebbe sprofondare nella guerra civile», ha messo in guardia il ministero degli Esteri di Mosca, come se la guerra nel cuore dell’Europa non ci fosse già. Mentre Kiev, dopo aver chiesto alla Nato di mandare le sue navi nel Mare d’Azov - al centro della nuova sfida tra Russia e Ucraina - ha svolto esercitazioni militari in questa frazione del Mar Nero di grande importanza economica e strategica.

Da parte sua, Mosca ha inviato nel Mare d’Azov un’altra nave, il dragamine Vice Ammiraglio Zakharin, e intanto fortifica ulteriormente la Crimea con i missili S-400 e Pantsir e con un nuovo sistema radar all’avanguardia. Kiev risponde vietando agli stranieri l’ingresso nella penisola. È una lotta che non risparmia neanche la religione. Ieri i servizi di sicurezza ucraini hanno ispezionato la Pecherska Lavra, il più antico e importante monastero di Kiev, parte della Chiesa ortodossa russa da cui la Chiesa ucraina si è da poco resa indipendente. Gli agenti hanno perquisito anche l’abitazione di Padre Pavel, l’abate del monastero, rimasto fedele al Patriarcato di Mosca e ora accusato di «istigazione all’odio».

Le prime vittime di questo nuovo braccio di ferro sono i 24 marinai ucraini «prigionieri» dei russi. Tre di loro sono persino stati costretti dal Cremlino a un’improbabile confessione video. Ora sono rinchiusi in carcere a Mosca e rischiano fino a sei anni di reclusione.

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