In edicola da venerdì IL, il maschile del Sole

Viaggio dentro il cervello che legge: 34 gigabyte al giorno

di Nicoletta Polla-Mattiot

2' di lettura

Ogni giorno immettiamo 34 gigabyte di contenuti scritti nella nostra testa, processati da 100 miliardi di cellule cerebrali, l'equivalente di oltre centomila parole. Un bombardamento che sta trasformando non solo le nostre vite e il loro ritmo, sempre più affollato e affannato, ma anche la struttura del nostro encefalo. Vero è che, secondo uno studio pubblicato dall'autorevole Salk Institute for Biological Studies, la capacità di memoria delle nostre sinapsi, fatte funzionare a pieno regime, sarebbe di un petabyte (cioè un milione di gigabyte), ma qui è in gioco la capacità non di immagazzinare, ma di ragionare. Una cosa è saltabeccare da un dispositivo all'altro accumulando informazioni, altro è trasformare i dati in riflessioni, conoscenza, tessuto emotivo e razionale.
E' un numero dedicato al potere della parola il nuovo IL in edicola venerdì 30 novembre con il quotidiano. Un viaggio dentro al cervello che legge, e proprio per questo si trasforma, guidato da una delle massime esperte, la neuroscienziata Maryanne Wolf e declinato attraverso le esperienze personali di scrittori, linguisti e di una categoria, sempre più rara, almeno in Italia: i lettori forti.

E forte, oltre che controintuitivo, è il punto di partenza della studiosa, supportato da statistiche ed evidenze cliniche: siamo nati per muoverci, per parlare, per pensare. Non per leggere. La lettura è un'acquisizione relativamente recente nell'evoluzione umana. Non essendoci un circuito geneticamente programmato per questa attività, se non la si esercita, è destinata ad atrofizzarsi. «Conta il mezzo, testo stampato o schermo digitale», spiega Wolf. A video si sviluppa un'attenzione veloce, saltellante e sintetica, sulla pagina un ragionamento articolato ed empatico, che nutre la libertà e l'immaginazione.
La rivoluzione digitale era la grande promessa di un sapere democratico, accessibile e condiviso. Oggi proprio la crescita delle piattaforme di rete e la raccolta e potenziale utilizzo dei dati, vengono guardati con crescente diffidenza. Wolf fa un passo ulteriore: non solo l'indipendenza di pensiero, ma la stessa capacità di pensare è in discussione. Siamo di fronte a un bivio: accettare un analfabetismo di ritorno oppure promuovere il geniale sviluppo di un cervello bi-alfabetizzato. Si tratta di imparare due lingue, solo apparentemente affini. D'altronde, già oggi usiamo il caro vecchio alfabeto in sequenze nuove, che combinano astrusi codici alfanumerici e caratteri speciali. Siamo tutti, nel bene o nel male una password (etichetta delle nostre vite, dei nostri conti correnti, dei nostri profili social). Curioso che, proprio nel mondo virtuale dove le parole sono così tante da risultare ridondanti e intercambiabili, si torni al potere magico del male o bene dicere. Tremila anni dopo, un retaggio arcaico nella più evoluta tecnocrazia.

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