28 novembre 2018 - 15:44

Di Maio e l’azienda di famiglia: «La causa è contro la vecchia società, in cui io non c’ero»

Il vicepremier replica alle accuse e sulle quote della Ardima non citata nel cv: «Non c’era la partecipazione all’azienda di famiglia - sostiene -, sono diventato socio dopo l'elezione»

di Fiorenza Sarzanini

Di Maio e l’azienda di famiglia: «La causa è contro la vecchia società, in cui io non c’ero»
shadow

«La causa presentata da un dipendente è contro la vecchia ditta di famiglia (in cui io non c’ero) e tra l’altro dà ragione a mio padre in pieno, in primo grado. Una causa che si trasferisce alla seconda azienda nata nel 2013 come tutti i crediti, debiti, dotazioni e beni strumentali». Così Luigi Di Maio parla della vertenza contro l’azienda di famigliadell’operaio specializzato Domenico Sposito. E conferma che finì in carico alla società che i genitori avevano donato a lui e alla sorella Rosalba. Riguardo al fatto che la proprietà delle quote della Ardima non è mai citata nel suo curriculum afferma: «Non c’era la partecipazione all’azienda di famiglia, perché sono diventato socio dopo la mia elezione in parlamento».

L'abuso edilizio

A proposito del capannone utilizzato dagli operai della ditta del padre come magazzino, «si stanno facendo degli accertamenti, sono dei capannoni o baracche che risalgono a dopo la Seconda Guerra mondiale che se ho capito bene non sono accatastati, bisogna capire se sono stati costruiti in maniera abusiva o non accatastati - continua Di Maio -. Mi fa piacere che lo si sta scoprendo solo nel 2018, che le autorità stanno facendo oggi i controlli, benissimo, non lo dico ironicamente, ma non sono cose intestate a me». «Io a capo dell'Ispettorato nazionale del Lavoro ho messo un generale dei carabinieri - si difende - che porta avanti la lotta al lavoro nero, la lotta al caporalato e a quelle che sono le illegalità nel mondo del lavoro ogni giorno».

Il botta e risposta con Boschi

«Va bene che si facciano rilievi su tutta la mia famiglia fate tutti gli accertamenti che dovete fare, io quello che non sopporto è come possa essere paragonato ad una ministra che andava a faceva il giro delle banche e delle autorità indipendenti per salvare la banca del padre - aggiunge a margine del Restitution Day dei consiglieri regionali abruzzesi -. Io sono qui per dare tutte le spiegazioni possibili per fatti che risalgono a più di dieci anni fa di mio padre e come fatti, non da mio padre, prendo le distanze. In questo caso io non ho fatto il giro delle sette chiese per salvarlo, io sono qui a dirvi che se qualcuno ha sbagliato, io dieci anni fa avevo 20 anni». Risponde subito la diretta interessata: «Mio padre ha ricevuto oggi due decreti di archiviazione sulle vicende di Banca Etruria. Il tempo restituisce tutto e la verità arriva. Eppure ancora ieri pur di difendere Di Maio, migliaia di profili mi hanno insultata, diffamata, persino minacciata» scrive in un post Maria Elena Boschi. «Non auguro a nessuno di vivere ciò che ho patito, neanche alla famiglia Di Maio - prosegue: spero solo che i 5S capiscano che la giustizia non è giustizialismo. E che l'odio è come un boomerang, prima o poi torna indietro». Nel post l'ex ministro dice poi di aspettare «il giorno in cui finalmente sarà scritta la vera storia delle crisi bancarie in Italia e si capirà la strumentalizzazione squallida che è stata fatta sulla questione Banca Etruria». «Ma aspetto soprattutto - aggiunge - il giorno in cui si potrà giudicare una persona per la propria competenza, il proprio lavoro, i propri risultati e non per le scelte del padre o per il tipo di stivali che indossa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT