Le donne e quell'irrefrenabile voglia di piangere che crea imbarazzo 

Non è una leggenda: può capitare che ci venga una crisi di pianto senza motivo. Perché succede? La risposta sta negli ormoni. Ecco la spiegazione dell’esperta 
Le donne e quell'irrefrenabile voglia di piangere che crea imbarazzo
JGI/Jamie Grill

Capita. Il capo ci dà una lavata di testa e scoppiamo a piangere. Oppure vediamo una scena di tenerezza tra una mamma e il suo bambino e scappano le lacrime. O ancora, ci sentiamo particolarmente tristi e abbiamo solo voglia di stare chiuse in noi stesse e magari sfogarci, piangendo. A noi donne capita. Dicono: «Cos’è, sei in preda agli ormoni?» o ancora «Sei in preciclo?». 

«Non sono affatto battute, ma la verità – afferma la dottoressa Manuela Farris, ginecologa – Il ciclo mestruale influisce sicuramente sulla produzione ormonale nel corpo femminile: in particolare, il progesterone durante la seconda metà del ciclo si trasforma in allopregnanolone, il quale agisce a livello cerebrale sul sistema gabaergico, il quale è deputato alla produzione di serotonina, detto anche ormone del buonumore. Va da sé che nella prima metà del ciclo, vi sono delle fluttuazioni emotive differenti, se non opposte, con possibili episodi di irritabilità, rabbia, tristezza, ansia e anedonia (incapacità di provare piacere per attività ritenute in linea di massima gradevoli, come il cibo o il sesso).

Sindrome premestruale: che cos’è?

La sindrome premestruale è l’insieme eterogeneo di disturbi fisici e psico-comportamentali, in assenza di patologie organiche o psichiatriche, che ricorrono ripetutamente nella fase luteale del ciclo e che regrediscono dopo la mestruazione e che interferiscono nella vita di una donna. Essa colpisce circa tra il 20 e il 30% della popolazione femminile in età riproduttiva e si manifesta con diversi sintomi, più o meno lievi. 

«I sintomi possono tradursi in cefalea, gonfiore diffuso, insonnia, crampi addominali, alterazioni della pelle, aumento di peso, scarso appetito, e anche alterazioni dell’umore – commenta Farris – Tutto sta nel diagnosticare la gravità della sindrome: se i sintomi sono lievi siamo nell’ambito di una semplice sindrome premestruale, ma se i sintomi aumentano in quantità e intensità, allora siamo davanti a un Disturbo Disforico Premestruale».

Disturbo Disforico Premestruale: cos’è?

Il Disturbo Disforico Premestruale è un’accentuazione del quadro psichico della sindrome premestruale, attualmente classificato nel DSM V tra i disturbi depressivi e presente in una piccolissima parte della popolazione femminile in età riproduttiva (3%). «Perché vi sia una diagnosi di Disturbo Disforico Premestruale occorre che si presentino più di 5 sintomi fisici – comportamentale dei 23 riportati tra quelli che caratterizzano la sindrome premestruale, di cui uno almeno di origine psicologica – prosegue Farris – Non solo: di questi sintomi quelli psicologici devono causare alla paziente un distress significativo, quindi interferire nelle relazioni e nella normale vita quotidiana. Ma attenzione: essendo un disturbo legato alle mestruazioni, esso deve presentarsi nella settimana precedente alla comparsa del ciclo, per poi migliorare nei giorni seguenti, fino a scomparire nelle prime settimane del nuovo menarca. Non sono certo esacerbazioni di altri sintomi psichiatrici, quali disordini depressivi maggiori, panico o disturbi della personalità».

Disturbo Disforico Premestruale e Sindrome Premestruale: le terapie

In entrambi i casi, sono raccomandabili la consultazione di un medico specialista, come può essere la ginecologa, la quale saprà consigliare la cura più giusta, sulla base della storia clinica della paziente. «In ogni caso, suggerisco una terapia di sostegno psicologico, se i sintomi sono altamente invalidanti o poco sopportabili (inquietudine, ansia, irritabilità). A supporto o in alternativa, di solito si ricorre alla pillola contraccettiva, che ha anche una funzione di regolazione ormonale; infine, di gran sollievo può essere mantenere uno stile di vita sano, con comportamenti salutari, quali evitare alcool e fumo, responsabili di alterazioni dell’umore e possibilmente dedicarsi ad attività fisiche compatibili con il proprio stato di salute». 

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