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"We own this city", poliziotti corrotti e violenza sulle strade di Baltimora

We own this city è una miniserie che racconta uno degli scandali di corruzione più importanti degli Stati Uniti, rappresentando il seguito ideale della serie The wire

"We own this city", poliziotti corrotti e violenza sulle strade di Baltimora

Era il 2002 quando David Simon portò sul piccolo schermo The wire, serie destinata a cambiare il modo di raccontare la violenza, il degrado e la corruzione all'interno della società statunitense. Secondo la Writers Guild of America - vale a dire il sindacato degli sceneggiatori americani - The wire è tra le migliori dieci serie mai scritte nella storia del piccolo schermo. Non sorprende, dunque, che ci fosse grande attesa intorno a We own this city - Potere e corruzione, il nuovo prodotto firmato da David Simon e in arrivo su Sky Atlantic e Now Tv a partire da martedì 28 giugno.

We own this city è ambientato a Baltimora e, di fatto, rappresenta una sorta di seguito ideale di The wire pur essendo tratto dal libro documentario di Justin Fenton, giornalista del Baltimora Sun. We own this city racconta quello che fu uno degli scandali di corruzione più importanti degli Stati Uniti, quello della Gun Trace Task Force, unità spaciale del Dipartimento di Polizia di Baltimora. Protagonista della storia è il sergente Wayne Jenkins (il Jon Bernthal di The punisher e The walking dead) che è a capo del suo team di poliziotti corrotti, uomini senza scrupoli che derubano le scene del crimine e non si fanno scrupoli ad attaccare chiunque intralci la loro strada. Al fianco di Jenkins c'è anche Daniel Hersl (Josh Charles), un agente famoso per la brutalità con cui affronta le sue giornate lavorative. Ben presto il Dipartimento di Giustizia e l'Fbi cominciano a indagare su quello che avviene tra le strade di Baltimora, dove la fiducia per l'autorità è ai minimi storici. In una struttura narrativa non lineare, che oscilla tra presente e passato, con flashback volti a raccontare la storia dei personaggi ma anche l'ascesa della task force, We own this city è una serie che non lesina sulla violenza.

"We own this city": chi vigila sui vigilanti?

Il grande punto di forza di We own this city è da ricercare sicuramente in uno dei suoi attori protagonisti. Jon Bernthal, che si è fatto conoscere al grande pubblico grazie al personaggio di Shane in The walking dead, sta dimostrando di avere un fiuto incredibile per le sceneggiature, costellando la sua carriera di interpretazioni memorabili. Il "suo" sergente Wayne Jenkins non fa eccezione. Pur basandosi su un personaggio reale, Jon Bernthal porta sul piccolo schermo un personaggio grigio, che riesce a restituire quel fascino che il male sa sempre esercitare: una sorta di violento gentiluomo che fa vacillare l'asse morale degli spettatori, che si pone davanti alla macchina da presa con tutta la sua fisicità, lasciando che il corpo diventi un'arma ancora più potente e pericolosa di quelle che il suo personaggio stringe tra le mani.

Grazie alla regia di Reinaldo Marcus Green, We own this city riesce ad essere tanto una serie basata sulla sceneggiatura e, dunque, sui dialoghi, sia sulle scene d'azione, quelle violente in cui le parole non servono a molto e il tempo è scandito dal rumore dei pugni perpetrati da chi si è tuffato in un abuso di potere da manuale. We own this city è inoltre una serie che non può essere guardata con disattenzione. Sebbene i tempi serrati dell'intrattenimento moderno e del binge watching potrebbero dare la sensazione di voler divorare lo show creato da David Simon, We own this city è una serie che va fruita con calma, dalla quale a volte bisogna prendere le distanze perché digerire tutto quello che si vede sullo schermo potrebbe richiedere più di qualche minuto. Lo show in arrivo su Sky è un puzzle complesso, un dedalo di punti di vista e accuse, dove menzogne e sopravvivenza viaggiano su binari paralleli. Il titolo stesso sembra suggerire proprio la serietà della riflessione che la serie porta con sé: We own this city, possediamo la città.

Ma il quesito che David Simon solleva è: chi è davvero che possiede la città? La polizia o i criminali? E questo confine esiste davvero o è solo un costrutto della società, incapace di accettare che anche chi indossa un distintivo può essere un malvivente? We own this city racconta una storia terribile, una storia attuale, e lo fa con una scrittura cristallina che, a dispetto di qualche termine troppo tecnico, non potrà fare a meno di sedurre il pubblico in modo quasi subdolo.

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