27 novembre 2018 - 12:03

Sentenza Berlusconi, la Corte di Strasburgo non decide sulla decadenza per la legge Severino

Gli avvocati dell’ex premier avevano chiesto al tribunale di astenersi dalla decisione. Per questo (e per la riabilitazione) i giudici ritengono che «nessuna speciale circostanza relativa al rispetto dei diritti umani richieda la continuazione dell’esame della causa»

di Giovanni Bianconi

Sentenza Berlusconi, la Corte di Strasburgo non decide sulla decadenza per la legge Severino
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«Tenuto conto dell’insieme dei fatti di causa, e in particolare della riabilitazione del richiedente avvenuta l’11 maggio 2018 e il chiaro intento di quest’ultimo di ritirare la sua domanda, la Corte conclude che nessuna speciale circostanza relativa al rispetto dei diritti umani richieda la continuazione dell’esame della causa. È quindi opportuno cancellare il caso dal ruolo e per questi motivi, a maggioranza, la Corte decide di ritirare la causa».

La richiesta degli avvocati di Berlusconi

Si conclude così il verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo, depositato stamane a Strasburgo, sul caso «Berlusconi contro Italia», che riguardava il ricorso dell’ex presidente del Consiglio contro l’estromissione dal Senato avvenuta nel 2013 a causa della legge Severino, dopo la condanna definitiva di Berlusconi per frode fiscale. Gli avvocati del fondatore della Fininvest e di Forza Italia – che contestavano l’applicazione retroattiva delle sanzioni previste dalla legge Severino e altre presunte violazioni dei diritti attraverso una decisione presa da un organismo politico e non impugnabile davanti a un organismo terzo e indipendente – nel luglio scorso, dopo la riabilitazione ottenuta dal condannato a pena eseguita, avevano chiesto alla Corte europea di astenersi dalla decisione. Con la riabilitazione, infatti, gli effetti delle pene accessorie erano cessati, e dunque anche l’incandidabilità dell’ex premier. Di qui l’inutilità, sul piano pratico, dell’eventuale decisione favorevole della Corte; meglio, a quel punto, non rischiare una sentenza che avrebbe potuto confermare la validità dell’estromissione dal Parlamento sancita dalla legge Severino, dando torto alle posizioni di Berlusconi.

La difesa italiana

Il provvedimento di riabilitazione era stato inviato a Strasburgo dai difensori del Cavaliere – gli avvocati italiani Andrea Saccucci e Bruno Nascimbene, insieme all’inglese Edward Fitzgerald – per dimostrare la natura penale della sanzione prevista dalla Severino, e quindi la necessità di applicare il principio di non retroattività delle norme. Circostanza contestata dal rappresentante del governo italiano, il giudice Maria Giuliana Civinini, che prima nelle memorie sottoscritte per contro dell’Italia e poi nella discussione davanti alla Grande Camera della Corte avvenuta un anno fa, il 22 novembre 2017, aveva difeso le ragioni della legge anticorruzione che prevede l’incandidabilità (o la decadenza) per i politici condannati per alcuni reati, e la conseguente possibilità per il Parlamento di giudicare in proprio, senza interferenze altrui, sulla legittimità della sua composizione; quindi anche di decidere, in base al cosiddetto principio di autodichia, la legittimità di un eletto a farne parte oppure no.

Le ragioni delle parti

La decisione dei giudici di Strasburgo di non decidere lascia la possibilità a ciascuna delle parti di continuare a sostenere di proprie ragioni. La Corte poteva anche stabilire di emettere comunque una sentenza nel merito, ma ciò avviene solo quando sono in gioco diritti ritenuti fondamentali e imprescindibili che richiedono una decisione indipendentemente dagli interessi dei richiedenti o delle controparti. Ma a maggioranza – com’è sottolineato nel dispositivo – i giudici hanno deciso che il caso «Berlusconi contro Italia» non rientrava tra questi.

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