25 novembre 2018 - 19:49

Christian Raimo: «Grande come una città, così cultura e politica diventano un antidoto contro la paura»

Lo scrittore e neo assessore alla Cultura nel III municipio di Roma racconta il progetto di pedagogia pubblica: «Così la città si trasforma in una grande comunità che discute e si confronta sui temi del presente incontrando pensatori radicali e autorevoli»

di Silvia Morosi

Christian Raimo: «Grande come una città, così cultura e politica diventano un antidoto contro la paura» Parte del movimento Grande come una città (foto di Carlo Marcolin)
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Scrittore e neo assessore alla cultura del III municipio di Roma, ha ideato «Grande come una città», un programma di pedagogia pubblica con incontri e lezioni aperte gratuite nella Capitale. A dare vita a questo ciclo di iniziative itineranti è stato Christian Raimo, portando la politica fuori dai luoghi istituzionali. «Penso di aver sempre fatto politica da quando ho l’età della ragione. Nei collettivi, nei movimenti, nelle assemblee, partecipando a riviste, scrivendo, cercando di avere uno spazio per la mia voce, ma anche studiando, facendo il mio lavoro di insegnante o giornalista. Politica, in senso ampio, di militanza attiva, senza un’appartenenza partitica, non ho mai avuto una tessera», spiega al Corriere della Sera. Quando Giovanni Caudo lo ha chiamato a lavorare con lui, non ci ha pensato un attimo, «immaginando di trasformare il terzo municipio in una grande comunità che discute e si confronta sui temi del presente incontrando pensatori radicali e autorevoli», per rispondere al bisogno di qualità del pensiero che la società esprime.

Incontro con Alessandro Portelli (foto di Carlo Marcolin) Incontro con Alessandro Portelli (foto di Carlo Marcolin)

Nel nuovo ruolo, Raimo, sta lavorando per costruire nuovi spazi pubblici di discussione: la cultura come antidoto alla paura. Certo, sorride, «di quando ero scrittore, rimpiango il tempo per immergermi in un tempo eterno che è quello della letteratura». Fare l’assessore – anche se è un ruolo così piccolo – «richiede tempo e molta attenzione, ed è un’attenzione per il qui e l’ora». La bellezza della lettura e della scrittura «è un dono che cerco di concedermi per non inaridirmi con la scrittura di comunicati e delibere, che sono importanti; ma è vero che anche la politica ha bisogno di visione», spiega, ricordando un’intervista che Obama fece a Marylinne Robinson: «Che un presidente degli Stati Uniti onori in questo modo la complessità dell’arte durante il suo mandato presidenziale è per me un esempio della necessità della bellezza per l’agire quotidiano».

Tra il primo dicembre e il quindici gennaio il III municipio di Roma sarà letteralmente «invaso»
da incontri — organizzati e spontanei — di femministe, sul femminismo, e sulle questioni di genere, da Lea Melandri a Ida Dominijanni, da Pinar Selek a Rosella Postorino, da Helena Janeczek a Carolina Morace, fino a Francesca Coin. Solo così la politica e la cultura si fondono: «La politica — continua Raimo — può essere du cose: l’amministrazione e l’emancipazione intellettuale. Come assessore di un piccolo municipio senza nessun soldo, sul primo piano posso semplicemente fare attenzione a non fare errori. Sul secondo piano posso mettere tutta l’energia e la capacità organizzativa che ho».

Incontro con Valerio Mastandrea (foto di Carlo Marcolin) Incontro con Valerio Mastandrea (foto di Carlo Marcolin)

Cosa manca oggi alla cultura per essere condivisa? «Mancano gli spazi», spiega Raimo. Nel terzo municipio (205mila abitanti), ad esempio, « c’è in pratica un solo cinema (Taranto, 200mila abitanti, ne ha sei), un solo teatro con una programmazione stagionale (Parma, 195mila abitanti, ne ha sedici), una sola biblioteca (Perugia, 165mila abitanti, ne ha sei comunali), nessun museo (Brescia, 160mial abitanti, ne ha venti)». Però, nello stesso territorio, in mezzo a questo gigantesco vuoto, ci sono due pieni, due specie di mostri: «Un centro commerciale immenso, Porta di Roma, dove ogni anno entrano 14 milioni di persone (al Colosseo ne entrano 8); e un impianto di lavorazione dei rifiuti – un tmb, trattamento meccanico-biologico in gergo tecnico – dove ogni giorno vengono portate 1000 tonnellate di rifiuti indifferenziati, ossia quasi un terzo di quelli che produce tutta la città».

Incontro con Miguel Benasayag (foto di Carlo Marcolin) Incontro con Miguel Benasayag (foto di Carlo Marcolin)

Lei parla di cultura civica, non di educazione civica, che invece è espressione propria del lessico “burocratico” scolastico. Perché questa differenza? «Facciamo un passo ancora in avanti: educazione politica. Educazione alla cittadinanza, al confronto, all’immaginazione della società, al conflitto, alla presa di parola». Solo così, si possono avvicinare i giovani alle professioni intellettuali, investendo nella scuola e nell’università. «L’Italia— sottolinea — spende il 4% del Pil, sotto di quasi un punto percentuale rispetto alla media della Ue (4,9%) e poco più della metà di quanto investito da Danimarca (7%), Svezia (6,5%) e Belgio (6,4%)». L’Italia ha da insegnare poco, «ha solo da rivalutare una storia millenaria di centri di ricerca, università, luoghi del pensiero e della produzione artistica. Certo con un ministro alla scuola come Bussetti, è difficile davvero; la direzione di Bonisoli la vedo un po’ evanescente: è da mesi che dice che ascolta, forse potrebbe avere idee radicali e prendere decisioni». Intellettuali e professori, oggi, dovrebbero essere il centro del dibattito pubblico. «Gli insegnanti, però, sono una categoria vilipesa da stipendi bassissimi (più 14 euro di aumento nell’ultimo contratto che arriva dopo dieci anni; una perdita di salario, al pari dell’inflazione di 60mila euro), e da una formazione che non esiste». Gli intellettuali, allo stesso modo, «sono considerati i nemici della nuova destra qualunquista, populista e neofascista, e lo sono perché credono nella complessità: nel conflitto delle idee e non nella semplificazione dell’odio, del manicheismo, dei capri espiatori».

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