23 novembre 2018 - 17:06

Ripudiata perché lesbica e non vuole «curarsi»: la 19enne si prende una rivincita da 100mila dollari

Abbandonata in mezzo a una strada dalla famiglia, Emiliy Scheck ha ricevuto una straordinaria prova di solidarietà e affetto dalla Rete

di Giuseppe Gaetano

Ripudiata perché lesbica e non vuole «curarsi»: la 19enne si prende una rivincita da 100mila dollari Emily Sheik, a sinistra, con la fidanzata
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Cacciata e lasciata senza un soldo dalla famiglia perché omosessuale e si rifiutava di "curarsi" per quella che i suoi familiari ancora considerano una malattia: l'omosessualità. Madre e padre le hanno tolto tutto: chiavi dell'auto, affitto della casa in condivisione, rate universitarie; abbandonandola letteralmente in mezzo a una strada. Accade nella moderna America, nello stato di New York. La scoperta che Emiliy Scheck fosse lesbica è avvenuta lo scorso agosto, mentre la 19enne stava per iniziare il suo secondo anno al Canisius College di Buffalo. La madre ha scovato sui social le foto della figlia insieme alla compagna, ordinandole di rientrare immediatamente a casa, nei sobborghi di Rochester, per frequentare un corso di counseling per tornare etero. Altrimenti avrebbe potuto sparire per sempre: «Mi fai schifo» concludeva nel messaggio minatorio.

La storia

La ragazza, che è un'atleta specialista nella corsa campestre, non ne ha voluto sapere di sottoporsi a una "riabilitazione" assurda e anacronistica, convinta che i genitori - smaltita la sorpresa e la rabbia- sarebbero tornati a più miti consigli. Ma si sbagliava. Al rifiuto di rientrare all'ovile, sono passati alle vie di fatto privandola di ogni bene, rinnegandola nel vero senso della parola. «All'inizio è stata decisamente dura - ammette Emily -, nelle prime due settimane me la sono cavata perché l'allenatore mi portava i pasti dalla mensa». Ma il lavoretto da commessa rimediato in un supermercato non era sufficiente a pagarsi le spese. E' stato allora che al suo coinquilino è venuta in mente l'idea, rivelatasi geniale, di organizzare una campagna online su GoFundMe, con l'obiettivo di raccogliere 5.000 dollari. Ebbene, di dollari ne sono arrivati 100mila. Ma le difficoltà non erano finite. Essendo una studentessa-atleta della Ncaa, l'associazione che raggruppa i programmi sportivi di college ed università statunitensi, la giovane non avrebbe potuto godere di donazioni privati per permettersi soggiorno e istruzione: o restituiva il tesoretto agli utenti o avrebbe dovuto rinunciare all'atletica. A questo punto è stato lo stesso college che frequenta a intervenire nel caso, mediando direttamente con la Ncaa: «E' consentito tenere una raccolta fondi dopo che si è verificato un evento significativo della vita», ha acconsentito alla fine la federazione, dando il suo benestare. Un'altra battaglia vinta.

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L'altra "famiglia"

Del resto la colletta, a cui hanno partecipato oltre 2500 persone, è comunque terminata avendo, appunto, largamente superato il tetto programmato all'inizio.Grazie alla generosità di perfetti sconosciuti, la giovane potrà ora continuare sia il corso di laurea in economia che la carriera sportiva. Ma, soprattutto, Emily ha trovato una nuova «famiglia», anche se composta di estranei. «Ringrazio tutti coloro che mi hanno dimostrato amore e sostegno in questo momento difficile della mia vita - ha dichiarato -. Ora so che la famiglia non è qualcosa che hai sempre, ma qualcosa che trovi». I genitori, umiliati pubblicamente all'happy end della vicenda, si sono trincerati dietro il no comment, : «È una questione privata di famiglia - ha commentato brevemente il padre con i media locali -. Le cose non sono andate esattamente come riportato - sostiene, provando un disperato dietrofront -, amiamo nostra figlia e siamo pronti a riaccettarla». Il miglior corso di counseling, alla fine, l'hanno frequentato proprio i familiari, loro malgrado.

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