Diciamo basta alla violenza: «Non è normale che sia normale»

Monica Ricci Sargentini

Un segno rosso sotto l’occhio contro la violenza sulle donne da condividere su Instagram, Facebook, Twitter attraverso l’hashtag #NonÈNormaleCheSiaNormale. È la campagna di sensibilizzazione lanciata il 21 novembre dalla vicepresidente della Camera Mara Carfagna nella Sala della Lupa a Montecitorio: «Ogni 3 giorni una donna viene uccisa per mano di chi diceva di amarla — ha detto Carfagna —. Una su tre subisce violenza. Voglio chiedere a tutti di unirsi all’onda e di diffondere il messaggio. Non basta più discutere tra addetti ai lavori, bisogna cambiare la testa delle persone». All’iniziativa hanno aderito tanti personaggi famosi tra cui Fiorello, Maria Grazia Cucinotta, Paola Turci, Claudia Gerini e Alessandro Borghi che hanno ripetuto in un video il gesto di segnarsi il volto con un rossetto. E in sala erano presenti esponenti di tutti gli schieramenti politici, da Maria Elena Boschi a Giulia Bongiorno, da Isabella Rauti a Maria Edera Spadoni. Un segno tangibile che questa è una campagna di tutte e tutti. La campagna è stata dedicata a Desirée Mariottini e Pamela Mastropietro, due ragazzine barbaramente uccise e violentate.

Il tam tam

La campagna
La campagna

L’idea è quella di creare un’onda contagiosa sul web che raggiunga milioni di cittadini e cittadine di qui al 25 novembre in cui si celebra la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Ma anche di mettere in piedi un meccanismo giudiziario che non lasci mai più sole le vittime e i loro parenti: «In questi giorni ho depositato un emendamento per creare un fondo per assistere le famiglie affidatarie di orfani di femminicidio» ha annunciato la vicepresidente della Camera. «Le donne non vogliono più essere picchiate in casa loro, non vogliono subire violenze e stupri. E quando succede vogliamo giustizia: rapida, inesorabile, commisurata» ha detto ancora Carfagna.

Le testimonianze

Ma a trascinare i cuori fino alle lacrime sono state le testimonianze delle vittime della violenza raccolte da Serena Bortone, Barbara Palombelli, Barbara D’Urso e Monica Mosca.

Sfigurata con l’acido

Filomena Lamberti
Filomena Lamberti

Filomena Lamberti, 58 anni, ha ancora il volto sfigurato nonostante le 25 operazioni subite. Nel 2012 suo marito le versò una bottiglia di acido solforico sul viso perché lei voleva lasciarlo. Parla sicura oggi, mostrandosi al pubblico senza timori perché sa che la sua storia può aiutare altre donne: «Noi abbiamo sempre la tendenza a trasformarci in crocerossine. Quando ti chiedono scusa pensi sempre che sia l’ultima volta. I miei tre figli sono cresciuti nella violenza. Lui mi picchiava davanti a loro. Non ho mai denunciato in 35 anni, anche perché l’uomo possessivo ti isola da tutto e da tutti». Oggi l’ex marito è libero dopo aver scontato 18 mesi per mal-trattamenti: «A me non è stata data giusti-zia. E lui va in giro a dire che se tornasse indietro lo rifarebbe».

Lo stalker assessore

Patrizia Pagliarone
Patrizia Pagliarone

Patrizia Pagliarone, 48 anni, ha la voce incrinata dall’emozione: tra il 2007 e il 2009 è stata vittima di stalking da par-te dell’ex compagno Andrea Buscemi, atto-re e regista teatrale che oggi è assessore al-la cultura nel comune di Pisa. «Da subito si è dimostrato molto geloso. Tendeva a iso-larmi. Mi sottraeva anche la notte i cellula-ri. Mi svegliava facendomi degli interroga-tori martellanti. I suoi insulti più frequen-ti? Tr..., vomito di cane, zingarella di peri-feria. Poi ci sono stati gli appostamenti, le citofonate ai vicini, le aggressioni a mio co-gnato e mia sorella. Ha fatto anche di tutto per distruggere il rapporto con mio figlio». Buscemi è stato condannato al risarcimen-to danni nel 2017 perché il reato era prescritto. Contro la sua nomina sono state raccolte 44mila firme.

Il duplice omicidio

Giovanni Palummieri
Giovanni Palummieri

Sono passati 7 anni da quando i suoi figli, Ilaria e Gianluca, 20 e 21 anni, sono stati uccisi ma Giovanni Palummieri ancora non si capacita: «Il fidanzato di Ilaria era carino e rispettoso, il classico bravo ragazzo. Poi quando lei lo ha lasciato ha cominciato a fare lo stalker. Io ero un padre severo, mia moglie era morta undici mesi prima e loro avevano deciso di andare a vivere da soli». Riccardo Bianchi ha ucciso prima Gianluca, poi è entrato in casa dove Ilaria dormiva: «Mia figlia è stata torturata per dieci ore dal suo aguzzino, se il vicino di casa avesse chiamato la polizia oggi sarebbe ancora viva. Dell’omicidio ho saputo dal telegiornale e se non fosse stato per la sensibilità di un ispettore di polizia mi sarei impiccato». L’assassino è stato condannato all’ergastolo.

Abbandonati dalle istituzioni

Il signor Renato ha chiesto di rimanere anonimo per proteggere i suoi nipoti, di 10 e 7 anni, che hanno visto la madre morire davanti ai loro occhi per mano del papà: «Hanno dormito per anni abbracciati alla nonna e ora vivono nel terrore che il padre possa uscire dal carcere e ucciderli. Noi siamo due pensionati, io ho 74 anni. Abbiamo utilizzato la buonuscita per evitare che questo delinquente si ritrovasse in libertà e ci siamo riusciti. I nostri nipoti però sono devastati, hanno bisogno dello psicologo anche d’estate. Siamo tutti in terapia. Non è normale che le istituzioni ci abbiamo abbandonato come hanno abbandonato mia figlia che ha tentato tutto il possibile per difendersi dal marito. Non è normale che il centro antiviolenza faccia una relazione e la procura risponda dopo 6 mesi con un ammonimento verbale. Non è normale che il suo assassino sia stato liberato dai domiciliari il 12 febbraio e lei uccisa il 12 marzo. In Italia 7 milioni di donne hanno subito nell’arco della loro vita violenze, un quarto degli assassini in Italia siano femminicidi. No tutto questo non è normale».

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