Covid, Maria Capobianchi: «L’infezione si spegnerà, ma c’è l’incognita di altre varianti»

di Margherita De Bac

L’ex direttrice del laboratorio dell’Istituto Spallanzani: «Da ricercatrice isolare il virus è stato entusiasmante»

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Maria Rosaria Capobianchi (Imagoeconomica)

«La pandemia finirà e usciremo - spero il prima possibile - dallo stato di emergenza. Ma la fine non sarà stabilita da un trattato. Con i virus non si scende a patti». È certa dell’epilogo una delle maggiori conoscitrici al mondo del Sars-CoV-2. Maria Capobianchi lo ha isolato con la sua squadra di giovani colleghe il 31 gennaio del 2020, fra le prime in Europa, nel laboratorio dell’istituto Lazzaro Spallanzani di Roma. In pensione dal primo agosto dello scorso anno, oggi ha una consulenza con il Don Calabria del Negrar, a Verona, e insegna biologia molecolare all’università Unicamillus di Roma.

Il capo europeo dell’Oms, Hans Kluge, ha annunciato che la pandemia è agli sgoccioli almeno nella regione del mondo di cui l’Italia fa parte. È dello stesso avviso?
«Kluge ha affermato che la pandemia finirà. Ma la circolazione del virus continuerà a livelli molto inferiori. Dopo aver raggiunto i 4 milioni di contagiati al giorno, ora l’impennata di casi sembra meno impetuosa. Si spera sia l’ultima ondata, poi lentamente l’infezione si spegnerà».

Ci sono precedenti storici?
«Eccome. Prevediamo che accada come ad altri coronavirus dell’uomo, responsabili di raffreddore e febbri lievi. Non sappiamo in quale epoca storica siano arrivati ma tutto fa pensare che al loro ingresso abbiano avuto una storia simile a quella del Sars-CoV-2. Di fronte a virus nuovi è plausibile che la specie umana sia stata tutta contagiata fino a sviluppare una protezione immunitaria. Oggi abbiamo potuto accelerare questo processo con i vaccini. Stiamo andando verso una fase endemica».

Significa che non dobbiamo aspettarci altre sorprese da questo virus?
«Possibile, a meno che una nuova variante non riesca a sparigliare le carte. Ne abbiamo già viste arrivare cinque che sono diventate protagoniste in virtù di una sempre maggiore facilità a trasmettersi. Ogni giorno abbiamo ancora milioni di casi nel mondo, stiamo dando altre opportunità di mutazione al nostro nuovo ospite».

Che primavera sarà?
«Prepariamoci ad un altro mesetto di contagi a frequenza elevata. La curva dei nuovi casi sta ancora salendo ma con un’inclinazione sempre più dolce. Tutte le infezioni respiratorie andando verso la stagione calda si diradano tanto più se trovano gran parte della popolazione vaccinata».

Due anni fa circa dallo Spallanzani annunciavate di aver isolato il virus per la prima volta in Italia. Che periodo è stato?
«Esperienza entusiasmante. Non mi fraintenda. Parlo da ricercatrice. Ho avuto riconoscimenti che mai avrei sognato, pur avendo fatto per questo virus lo stesso lavoro di altre volte, ad esempio per Ebola».

Immaginava, allora, che sarebbe andata così?
«All’inizio speravamo che l’avremmo scampata e non avremmo sperimentato il flagello in corso in Cina. Mi riferisco ai casi della coppia di cittadini cinesi ricoverati allo Spallanzani. Pensavamo che, col tracciamento, saremmo stati in grado di evitare l’innesco della pandemia. Nel frattempo però altri ceppi, diversi da quello originario di Wuhan, erano sbarcati nel Nord Italia e cominciavano a diffondersi»

24 gennaio 2022 (modifica il 25 gennaio 2022 | 07:57)