Imposte

Sulla cessione di crediti deteriorati Entrate fuori linea rispetto alla Ue

L’Agenzia qualifica le operazioni esenti Iva. L’equivoco è trattare come finanziamenti la «pulizia» dei conti

di Alessandro Germani

La risoluzione 79/E del 31 dicembre scorso ha affrontato la tematica del trattamento Iva delle cessioni dei crediti deteriorati (Npl, non performing loans) destando alcune perplessità se si guarda da un lato alle caratteristiche di queste operazioni e dall’altro ai precedenti della giurisprudenza europea e del Comitato Iva. Ma andiamo con ordine.

Nella citata risoluzione l’agenzia delle Entrate va diritta nel qualificare queste operazioni come prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 3 comma 2 numero 3 del Dpr 633/1972 - il testo unico Iva «Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto» - (le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro-soluto, di crediti, cambiali o assegni). Dopodiché opta per la natura finanziaria di tali operazioni e quindi per l’esenzione ai sensi dell’articolo 10 comma 1 numero 1.

Le prestazioni in questione sarebbero effettuate dal cessionario nei confronti del cedente in quanto la cessione del credito (a opera del cedente) sarebbe solo strumentale rispetto all’attuazione di una prestazione di servizi di natura finanziaria (effettuata dal cessionario).

L’agenzia delle Entrate richiama la risoluzione 71/E/2000 con la quale era stato chiarito che le cessioni di crediti aventi finalità di finanziamento sono esenti Iva, mentre sono cessioni escluse dall’Iva quelle dirette ad estinguere debiti pregressi.

La finalità di finanziamento dell’operazione comporterebbe, poi, che la base imponibile sia pari alla differenza tra il prezzo di cessione dei crediti e il valore nominale degli stessi.

Ma nell’ambito di queste operazioni chi acquista il credito lo fa a un prezzo di particolare sconto, facendo leva sul fatto che con la propria attività di recupero possa incassare comunque una cifra superiore rispetto al valore di acquisto.

Motivo per cui la base imponibile ai sensi dell’articolo 13 del Dpr 633/1972 sarà pari alla differenza fra il “valore economico” dei crediti al momento della cessione e il prezzo pagato al cedente per l’acquisto di questi ultimi.

Le operazioni di factoring

Ricordiamo poi che nella risoluzione 32/E/2011 l’agenzia delle Entrate aveva anche distinto:

le operazioni di factoring con finalità di finanziamento, sia pro solvendo sia pro soluto, destinate a essere esenti;

rispetto alle attività di recupero crediti che sono invece imponibili.

Il quadro è a questo punto chiaro ma lascia notevoli perplessità.

Perché laddove l’agenzia delle Entrate dichiara che l’operazione di cessione di Npl ha una natura di finanziamento non sembrano coglierne le peculiarità.

Chi cede crediti inesigibili lo fa perché a livello di regolamentazione di vigilanza viene fatta pressione perché le banche si liberino di tali posizioni.

Quindi lo si fa per pulire i bilanci e non per finanziarsi, visto che spesso si cede a valori di gran lunga più bassi rispetto all’originario valore nominale del credito o a quello (comunque inferiore) a cui è iscritto in bilancio per via delle svalutazioni già effettuate.

Chi compra cerca di stimare un valore equo laddove poi, grazie al proprio expertise e alle economie di scala, ciò consenta di lucrare il differenziale fra valore di acquisto e valore di incasso del credito.

La giurisprudenza

Peraltro la risoluzione 79/E prescinde in toto dai precedenti giurisprudenziali europei sul tema.

La sentenza del 26 giugno 2003, Finanzamt Groß-Gerau/Mgk-Kraftfahrzeuge-Factoring, C-305/01 riguardava un acquisto di Npl a scopo di finanziamento. Ma allora secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea si sarebbe piuttosto in presenza di un’attività di recupero crediti che come tale sarebbe imponibile.

Invece la sentenza del 27 ottobre 2011, Finanzamt Essen-NordOst/Gfkl financial services, C-93/10 risponde esattamente alla casistica della risoluzione, con un acquisto di Npl a un valore bassissimo se confrontato con il valore nominale, essendo finalizzato a liberare il cedente dal credito problematico e a pulire il suo bilancio.

Se il cessionario acquista dunque il credito a un prezzo che riflette il valore economico del credito stesso, non sembra esservi alcuna operazione rilevante ai fini Iva.

Le conclusioni della giurisprudenza sono state avallate anche dal working paper della Commissione europea del 9 febbraio 2017 numero 917, intitolato «Vat treatment of transactions involving non-performing loans (Npls)». Peraltro quel valore economico, oltre a essere soggettivo, appare anche ipotetico perché dipende da come andranno le procedure di riscossione messe in piedi dal cessionario.

Conclusioni

Si fa fatica quindi a immaginare una base imponibile ai sensi dell’articolo 13 del Dpr 633/1972: infatti a livello dell’Unione europea in realtà si è concluso che l’operazione in capo al cessionario non rilevi proprio quando il corrispettivo pattuito riflette il valore di mercato.

Considerare poi esente tale attività, per soggetti che detraggono integralmente l’Iva sugli acquisti, determinerebbe un aggravio di costo. Tutto ciò dovrebbe suggerire alle Entrate un ripensamento della posizione espressa.

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