Chernobyl, tra soldati schierati e radioattività: «I russi qui non torneranno»

di Francesco Battistini

Sale la tensione tra Ucraina e Russia. Il fronte passa vicino alla centrale devastata nel 1986, che Kiev vuole presidiare: «Non importa se la regione è contaminata, anche questa è Ucraina. E ci sono mille ragioni perché i russi non ci rimettano mai più piede»

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DAL NOSTRO INVIATO
Ivankiv (Chernobyl)
— A guardia del nulla, in una foresta di betulle e ontani innevati. A proteggere nessuno, vicino a case sbrecciate. A difendere il suolo patrio più intoccabile: intoccabile, sì, perché è meglio non toccarlo proprio. Sotto la scritta «Chernobyl Tours.Ua», dopo la rotonda d’Ivankiv sulla strada P02, tra un monumento gialloblu a forma d’uovo e un cartello giallonero con l’elica atomica, due soldati ucraini sbuffano vapore e stoppano le auto. Il dito è sul grilletto. Più in là, non si va. Da dicembre, la strada è chiusa. C’è la Bielorussia, laggiù. E una decina di chilometri prima, il reattore. E un cordone di 75mila militari a pattugliare 1.100 chilometri di confine, 145 chilometri quadrati della zona d’esclusione. E specialmente la Pompei post-atomica che il mondo vorrebbe dimenticare, ma nessun ucraino può ignorare. «Non importa che sia un deserto o una regione contaminata», è l’ordine del ministro della Difesa: «Anche questa è Ucraina. E ci sono mille ragioni perché i russi non ci rimettano mai più piede».

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(Ap)

Morire per Chernobyl? Ancora? Trentacinque anni dopo i tumori alla tiroide e gli sfollati, i neonati Down e le spine bifide, i cervi radioattivi e i cinghiali a due teste, gli ettari di boschi rossi e i milioni d’infettati dalla peggiore delle lebbre atomiche. E la nostra prima emergenza ambientale globale. E l’esplosione che fu 500 volte più potente di Hiroshima… Perché morire? Finora un po’ ci si campava, se non altro. Con le visite a debita distanza dal famoso reattore 4-Lenin. Col museo tristanzuolo alla periferia di Kiev e il memoriale alle vittime di quel 26 aprile 1986. Coi Chernobyl Tour che ogni anno attraevano 100mila turisti dell’orrore, emozionati a indossare schermature speciali, a farsi misurare con un geiger, ad addentrarsi nei luoghi del boom. Tutto finito. La chiamata alle armi contro l’invasione russa, se mai ci sarà, riguarda ogni angolo del Paese. Anche questo: «L’aggressione di Putin può essere un disastro come Chernobyl — avverte l’ambasciatore ucraino a Londra, Vadym Prystalko —. Dopo la Francia, noi siamo il secondo Paese per centrali atomiche: se accadesse qualcosa, vorrei ci si ricordasse di Chernobyl. E del fatto che noi combatteremmo alla morte…».

La più insensata delle battaglie. Il caso vuole che Chernobyl significhi «erba nera»: nell’area proibita, oggi riesce a entrare solo qualche pazzo che s’infila di notte nelle case devastate di Prypiat, pochi chilometri dal reattore, e ruba ricordini contaminati, metalli radioattivi, robette da vendere online. Sull’erba nera sarà impossibile permanere per i prossimi tremila anni. Nel 2016, pagato dagli americani e da 45 Paesi, è stato rinforzato il sarcofago di cemento da un miliardo di dollari che nei decenni s’era piano piano corroso: dovrebbe durare almeno un altro secolo ed evitare che i residui del nocciolo radioattivo — lava liquida che brucia a mille gradi e potrebbe uccidere chiunque vi s’esponga per più di cinque minuti — sfondino nell’aria o sprofondino nelle falde acquifere. Chernobyl resta un simbolo irrinunciabile dei disastri sovietici: coperta da piante e miracolosamente ripopolata dagli animali, gli ucraini hanno chiesto all’Unesco di dichiararla patrimonio dell’umanità.

E non solo per la sua rinascita ambientale: la centrale distrutta è il dito perennemente puntato su Mosca. Nessuno al Cremlino — altro che i cinesi col Covid — s’è mai preso la responsabilità delle censure imposte all’epoca. Nemmeno Gorbaciov, che era segretario del Pcus. Nel 2009, sono stati pubblicati negli Usa i documenti segreti del Politburo: una mole impressionante d’insabbiamenti e d’aggiustamenti della realtà.

Perché un posto del genere dovrebbe interessare ai russi? Più che scavare trincee, dicono a Kiev, bisognerebbe alzare muri: «Dalla Bielorussia, il loro amico Lukashenko progetta d’inondarci di migranti siriani, come ha fatto sul confine polacco». A febbraio, Lukashenko e Putin hanno organizzato esercitazioni militari congiunte, giusto al di là del confine di Chernobyl. L’erba nera non muore mai.

23 gennaio 2022 (modifica il 23 gennaio 2022 | 23:19)