Omicron, il vaccino Sputnik V sviluppa anticorpi neutralizzanti nel 70% dei casi

Secondo un'indagine dello Spallanzani e dell'istituto Gamaleya, gli anticorpi contro la variante si rilevano più di frequente dopo due dosi di Sputnik che di Pfizer
Omicron il vaccino Sputnik V sviluppa anticorpi neutralizzanti nel 70 dei casi
Marcos Brindicci

Secondo un’indagine dell’Istituto Spallanzani di Roma e dell’Istituto Gamaleya di Mosca, i cui risultati sono usciti in pre-print (dunque non sono ancora pubblicati su una rivista specializzata peer-reviewed), il vaccino russo Sputnik V (mai autorizzato dall'Ema in Europa per quanto sotto analisi continua dallo scorso febbraio) mostrerebbe la capacità di sviluppare un titolo anticorpale neutralizzante elevato e duraturo nei confronti della variante Omicron. 

Nello specifico, più che di efficacia - perché lo studio in questione non valuta l'efficacia rispetto a ricoveri e decessi - l'analisi ha mostrato che il 74,2% di chi era vaccinato Sputnik V e il 56,9% di chi era con BNT162b2 fra le persone coinvolte aveva una quantità rilevabile di anticorpi neutralizzanti contro Omicron. Sono appunto risultati di esperimenti in laboratorio sul siero di persone vaccinate con il prodotto a doppia dose ma con vettori virali differenti: in sostanza, in più casi con Sputnik rispetto a Pfizer si sono trovate quantità rilevabili di anticorpi.

A differenza dei vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna, Sputnik V utilizza appunto - come AstraZeneca e Johnson & Johnson - la tecnologia a vettore virale. L’obiettivo è sempre far produrre al sistema immunitario gli anticorpi neutralizzanti contro la proteina spike di Sars-CoV-2. Un virus innocuo funziona da veicolo che trasporta una piccola porzione di Dna della proteina alle cellule umane. Nella prima iniezione di Sputnik come «scatola» viene utilizzato l’adenovirus umano Ad26 e nella seconda (da effettuare a 21 giorni dalla prima, di fatto due vaccini differenti) l’adenovirus Ad25

«Tutti i vaccini anti-Covid attualmente autorizzati perdono significativamente attività nei confronti di Omicron – si legge in una nota dello Spallanzani, che ha da tempo rapporti di ricerca con l’istituto moscovita - i risultati degli esperimenti di laboratorio, condotti in collaborazione tra Istituto Spallanzani e Istituto Gamaleya di Mosca, hanno documentato che oltre il 70% delle persone vaccinate con Sputnik V mantengono un'attività neutralizzante contro Omicron, e tale attività si mantiene in buona parte anche a distanza di 3-6 mesi dalla vaccinazione».

Nel dettaglio, pare di capire che il vaccino contro il Coronavirus Sputnik dimostri «titoli di anticorpi neutralizzanti del virus alla variante Omicron (B.1.1.529) più di due volte superiori rispetto a due dosi di vaccino Pfizer (2.1 volte superiori in totale e 2.6 volte superiori tre mesi dopo la vaccinazione)». Questo ha spiegato all’Ansa il fondo sovrano russo Rdfi, responsabile per la commercializzazione dello Sputnik. Si parla dunque del confronto fra il ciclo primario di due dosi, senza considerare il richiamo con Pfizer-Biontech o Moderna che invece si conferma, anche alla luce di uno studio appena pubblicato su Science, altamente efficace in termini di risposta anticorpale neutralizzante contro Omicron.

«Lo studio - continua la nota - è stato condotto nelle stesse condizioni di laboratorio dell’Istituto Spallanzani in Italia su campioni di siero comparabili di individui vaccinati con Sputnik V e Pfizer con un livello simile di anticorpi IgG e attività neutralizzante del virus (VNA) contro la variante Wuhan». Il risultato sarebbe quello di una riduzione «significativamente minore (2.6 volte) dell’attività di neutralizzazione del virus contro Omicron in confronto alla variante Wuhan di riferimento rispetto al vaccino Pfizer (riduzione di 8.1 volte per Sputnik V rispetto a 21.4 volte per il vaccino Pfizer)».

Oltre alle note stampa dei rispettivi istituti ci sono i numeri, esposti appunto in un articolo su medRxiv firmato da 12 ricercatori dell’istituto romano e da 9 russi sotto la guida di Francesco Vaia, direttore dell’Istituto Spallanzani e Alexander Gintsburg, direttore del Centro Gamaleya. Il team tecnico scientifico dell’Istituto Spallanzani ha definito i risultati degli esperimenti di laboratorio condotti con l’Istituto Gamaleya «estremamente incoraggianti per definire nuove strategie vaccinali in rapporto alla evoluzione delle varianti del Covid».

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