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Shock energetico, la scarsità di forza contrattuale costa cara a Piazza Affari

Società energivore le più colpite. Sotto pressione l’industria pesante e più avanti ci sarà l’impatto sui consumi

di Marzia Redaelli

Getty Images

3' di lettura

Il caro energia rompe le uova nel paniere alle società quotate a Piazza Affari che stanno beneficiando della crescita economica. L’impatto è trasversale, su tutte le aziende e anche sui consumatori, ma colpisce in modo particolare alcuni settori che hanno una produzione energivora. A Piazza Affari sono quotate grandi manifatture, che devono tenere conto dell’aumento del gas e del petrolio che appesantisce i bilanci.

Il secondo fattore nelle analisi dei titoli

«In questo momento il costo dell’energia - afferma Angelo Meda, responsabile azionario di Banor Sim - è il secondo fattore che analizziamo per valutare i titoli azionari, dopo l’impatto del Covid sulla crescita. Nell’industria pesante, per esempio per le aziende che producono cemento, acciaio o gas naturali, l’aumento potrebbe ridurre anche del 30%-40% l’utile dello scorso anno».

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La forza contrattuale

C’è però un discrimine fondamentale da fare, tra chi riesce a ribaltare i costi aggiuntivi sui prezzi di vendita e chi, invece, subirà in toto il rincaro dei fattori produttivi, almeno per un po’ di tempo. «Sol, per esempio - spiega Meda - produce gas industriali e ha una elevata forza contrattuale, perché per i clienti è difficile cambiare fornitore. Dunque, può permettersi di trasferire gli aumenti dei costi al listino. Al contrario, Saras vende la benzina, un bene comune, e ha più problemi a scaricare a valle l’incremento di energia e di CO2, che rimane in bilancio».

Gli effetti indiretti

Ci sono, inoltre, effetti indiretti del caro energia che gravano sui profitti aziendali. Su tutti, l’incremento del costo dei trasporti, che per alcune società è una componente primaria del valore finale del prodotto. «Per una società come Buzzi Unicem - precisa Lorenzo Batacchi, socio di Assiom Forex e portfolio manager di Bper Banca - il costo dell’energia vale il 14% del fatturato, quello dei trasporti il 15%. Non è un dettaglio, ma spesso il mercato vi presta poca attenzione o la fa in ritardo. In questo momento, invece, è fondamentale analizzare le varie componenti dei fattori produttivi per cercare di stimare come si modificano i margini».

Il prezzo del petrolio è alto, l’energia elettrica costa cara (dipende anche da come è generata) e il gas è sceso dai picchi di dicembre, ma resta sopra i 70 euro, contro una media storica di 20. «La novità più recente -continua Batacchi - è proprio il calo dei prezzi dei noli marittimi, che non salgono più da ottobre e sono tornati ai livelli del 2020. Dunque, sono da monitorare insieme agli sviluppi sul controllo della pandemia per capire come condizioneranno i costi delle aziende nei prossimi mesi».

Lo scenario

La tenuta della ripresa economica e dei mercati finanziari, naturalmente, farà da sfondo alle prospettive delle società energivore. Secondo Batacchi, il peggio per alcune imprese potrebbe essere già alle spalle: «Molte aziende, tra le quali si possono citare i cementiferi, hanno già scontato l’aumento del costo energetico e non sono care rispetto alla media storica, sempre nell’ipotesi che continui la normalizzazione della situazione economica. Poi, ci sono aziende leader nel loro segmento di offerta, per le quali il problema dell’aumento dei costi ha meno importanza, perché la domanda dei loro beni resta forte. La siderurgica Danieli, per esempio, non è energivora, perché ha forni che consumano poco, e i suoi prodotti sono molto richiesti. Per le auto Ferrari ci potrebbero essere più problemi per la consegna delle vetture, che per i rialzi del prezzo».

Contagio ai consumi

Viceversa, se i prezzi dell’energia e l’inflazione dovessero continuare a salire, l’effetto si propagherebbe dai produttori ai consumatori, dai costi ai ricavi aziendali attraverso una riduzione degli acquisti che riguarderebbe molti settori. «In primavera - conclude Meda - verificheremo quale sarà l’impatto del caro energia sui ricavi delle società, che è sempre un po’ ritardato rispetto a quello dei costi».

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