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Una donna al Quirinale: fuori i nomi!

MILAN, ITALY - DECEMBER 10: Demonstration Hate has no future - The march for Liliana Segre, which brought together thousands of people and over 600 mayors of as many cities in Milan. Milan (Italy), 10 December 2019 (Photo by Marco Piraccini/Archivio Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images)
MILAN, ITALY - DECEMBER 10: Demonstration Hate has no future - The march for Liliana Segre, which brought together thousands of people and over 600 mayors of as many cities in Milan. Milan (Italy), 10 December 2019 (Photo by Marco Piraccini/Archivio Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images) 

Fare un po’ di nomi e cognomi è il mio modo di aderire in modo entusiastico all’appello promosso da Dacia Maraini, Melania Mazzucco, Fiorella Mannoia e altre intellettuali italiane per caldeggiare l’elezione di una donna a presidente della Repubblica. Sì, perché il difetto di quest’appello è che, senza volerlo, sembra replicare l’imbarazzante vaghezza di quei politici che parlano di “una donna al Quirinale” solo per vuota retorica.  Prendiamo invece seriamente questa eventualità, che spezzerebbe una consuetudine maschilista decennale, iniziando col considerare proprio le consuetudini della nostra democrazia.

Ebbene, tutti, proprio tutti i dodici presidenti della Repubblica italiana, prima di diventare tali, avevano ricoperto almeno uno tra i seguenti tre ruoli istituzionali: presidente di un organo legislativo (Camera dei Deputati del Regno d’Italia; Assemblea Costituente; Camera dei Deputati o Senato della Repubblica), presidente del Consiglio dei Ministri e vice-presidente del Consiglio dei Ministri. Questo non significa certo che anche il prossimo - o la prossima - presidente debba necessariamente disporre di un curriculum simile. Tuttavia, se le prassi istituzionali hanno un loro valore, può essere utile tenere a mente chi, fra i nomi circolati come possibili candidati in lizza per la prossima elezione, corrisponda o meno al tradizionale identikit dei passati inquilini del Quirinale. 

Per esempio: Draghi sì, Berlusconi sì, Cartabia no, Casellati sì, Moratti no, Gentiloni sì, Pinotti no, Casini sì. Nell’assenza di donne ex presidenti o ex vice presidenti del Consiglio, ci sarebbero altre due donne, oltre Casellati, ad aver presieduto un ramo del Parlamento: Irene Pivetti e Laura Boldrini. Ma se la prima si è da anni praticamente ritirata dall’attività politica senza peraltro poter lontanamente aspirare a entrare nel Pantheon repubblicano, la seconda non verrebbe mai votata dal centro-destra, né forse dai Cinque Stelle, perché a essi politicamente, e purtroppo anche umanamente (vedi i quotidiani attacchi maschilisti da lei subiti quando era presidente), sgradita. 

Forse, l’impatto simbolico che l’elezione di un Capo dello Stato donna avrebbe inevitabilmente nel Paese potrebbe però spezzare anche questa seconda, meno evidente, consuetudine e consentire a una donna con un cursus honorum diverso, anche se non necessariamente meno prestigioso, di accedere alla massima carica dello Stato. È il caso di Marta Cartabia, che ha dalla sua di aver ricoperto - prima donna della storia italiana - il ruolo di presidente della Corte Costituzionale. Cartabia corrisponde alla figura super partes invocata da Enrico Letta e ha anche un’esperienza politica importante, anche se recente, alla guida di un dicastero chiave come quello della Giustizia. Certo, non si può dire che Cartabia sia una personalità carismatica. Tuttavia, Sergio Mattarella è stato un ottimo presidente senza mai passare mai per un trascinatore di folle. 

Neanche Casellati o Moratti (che dalla sua non ha neanche l’aver guidato un ministero chiave) hanno carisma, al contrario di Emma Bonino, che tuttavia si è autoesclusa. Sia Casellati che Moratti, inoltre, da berlusconiane sfegatate non incarnano la figura di terzietà auspicata da Letta. D’altra parte, la condizione posta da Letta dovrebbe automaticamente escludere politiche di sinistra come Rosy Bindi (che non avrebbe d’altronde alcuna speranza di essere gradita al centro destra, per lo stesso motivo di Boldrini), Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro o, per fare un nome meno scontato, Giovanna Melandri. 

C’è però un’altra variabile che potrebbe inaspettatamente diventare dirompente nell’individuazione della prossima/del prossimo presidente della Repubblica: il prestigio morale, merce abbastanza rara di questi tempi. In Germania, alcuni anni fa, venne scelto come Bundespräsident un vero outsider: Joachim Gauck, pastore protestante diventato deputato alle prime elezioni libere della Repubblica democratica tedesca, al quale all’epoca era stato affidato il compito di gestire lo scioglimento della famigerata polizia politica Stasi.

Esiste in Italia una personalità femminile che goda di un tale prestigio morale da potere essere chiamata al più alto ruolo istituzionale? Ci sarebbe la senatrice a vita Liliana Segre che, per motivi di età, ha chiuso la porta a ogni ipotesi di scalata presidenziale. Giorni fa, Serena Dandini li ha fatti un bel po’ di nomi di donne che ritiene abbiano il curriculum adatto per salire al Colle. Nella sua lista c’erano soprattutto scienziate. La personalità che mi ha convinto di più è Elena Cattaneo, perché oltre ad essere una prestigiosa scienziata ha preso molto sul serio il suo incarico di senatrice a vita, intervenendo spesso su temi di forte attualità con proposte concrete, anche di carattere legislativo. Secondo me potrebbe essere un’ottima presidente super partes. 

Se poi vogliamo parlare di vere e proprie outsider, io più che di scienziate proporrei nomi di autorevoli studiose della politica, della società e della storia italiana. Persone, cioè, che conoscono bene, anche se da osservatrici esterne, i complicati aspetti della vita istituzionale del nostro Paese. La mia può benissimo esser presa come una boutade autoreferenziale da storico, ma secondo me alcune outsider super partes che avrebbero le carte assolutamente in regola sono Simona Colarizi - una delle principali studiose del fascismo e dell’Italia repubblicana -, Chiara Saraceno – sociologa di prestigio esperta di diseguaglianze, di famiglia e di minoranze sociali – e Anna Foa - storica dell’età moderna di fama internazionale e acuta osservatrice dell’età contemporanea. 

 

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