Le emozioni ci circondano: le proviamo noi, le provano gli altri, creano situazioni difficili, influiscono sul nostro lavoro e vengono usate per convincerci a comprare-votare-scegliere. Ci hanno sempre insegnato a svalutarle, ci hanno detto di far affidamento solo alla nostra testa, alla nostra razionalità dimenticandosi quei casi in cui la logica diventa fallace e l'istinto ci salva. Per questo dobbiamo ripartire dalle emozioni e non è certo un caso che ultimamente spopolino i libri di auto-aiuto sull'intelligenza emotiva. Non è un caso nemmeno che sia da poco stata approvata alla Camera una proposta di legge sulla valorizzazione delle competenze non cognitive: l'Italia potrebbe introdurre l'educazione emotiva nelle scuole in un programma sperimentale.

nelle scuole italiane arriva l'educazione emotivapinterest
Ponomariova_Maria//Getty Images
I tre anni di sperimentazione dovrebbero iniziare nell'anno scolastico 2022/2023

Che si parli di competenze non cognitive o di life skills, il concetto è lo stesso: imparare a riconoscere le proprie emozioni, a esprimerle e a viverle senza negarle. «Noi partiamo dal presupposto che i compiti quotidiani e il pensiero costruttivo siano carichi di informazione affettiva, e che questa informazione affettiva debba essere elaborata (forse in modo diverso rispetto alle informazioni cognitive) e che gli individui possano differire nell’abilità con cui lo fanno», scrivono gli esperti Peter Salovey e John D. Mayer che hanno coniato negli anni 90 il termine "intelligenza emotiva". Gli ultimi studi mostrano che l'educazione emotiva può avere effetti positivi sull'apprendimento, sul contrasto all'abbandono scolastico e sulla salute mentale dei ragazzi. Diventa fondamentale, poi, anche per prevenire relazioni tossiche, comportamenti violenti e abuso di sostanza stupefacenti.

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L’educazione emotiva potrebbe servire per aiutare i ragazzi a gestire lo stress dopo la pandemia

Se consideriamo quanto la pandemia e la Dad hanno messo in difficoltà i ragazzi, la necessità che la scuola diventi qualcosa di più di un luogo dove si imparano nozioni si fa sempre più impellente. «Mai come in questo momento», ha commentato infatti Vittoria Casa, presidente commissione Cultura Scienza e Istruzione alla Camera, «la scuola ha il compito di ricomporre il disorientamento verso il mondo circostante delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. A loro vanno forniti gli strumenti per superare le criticità generate dalla pandemia e per potersi affermare nella vita. Oggi integrare nella didattica le competenze non cognitive è altrettanto fondamentale che apprendere i diversi saperi disciplinari».

Capacità di critica, empatia, comunicazione, rispetto dell'altro e capacità di adattamento: sembrano qualità scontate e innate, ma non è così. All'estero questo tipo di insegnamenti sono già diffusi così come l'educazione alla sessualità e all'affettività, facce della stessa medaglia che l'Italia non potrà continuare a ignorare. Sarà difficile, infatti, insegnare le life skills con la paura costante di essere accusati di insegnare la famigerata "teoria gender" e non sarà facile parlare ai ragazzi di relazioni senza toccare l'aspetto della sessualità. In ogni caso, si tratterebbe di una sperimentazione di tre anni che inizierebbe a partire dall'anno scolastico 2022/2023: nessuna materia aggiuntiva, ma solo una maggiore sensibilità a questi temi da parte degli insegnanti (appositamente formati) all'interno di ciascuna materia. L'idea è quella di partire da questo esperimento triennale per poi stabilire delle Linee guida per tutti gli ordini e i gradi d’istruzione. Insomma, meglio non farsi troppe illusioni anche perché il testo di legge deve ancora passare al vaglio del Senato. Sarebbe, però, un bel segnale di cambiamento in una scuola come quella italiana ancora fortemente tradizionale e improntata più sulle nozioni che sul pensiero critico, più sulla competitività che sulla salute mentale.