Paura del vaccino: qual è la sua origine e come superarla 

Quali sono i meccanismi che ci portano ad avere paura del vaccino? Se da un lato pesa sicuramente la mancanza di un’informazione corretta e la sfiducia nelle istituzioni, dall’altro entrano in gioco fattori psicologici come erronea valutazione del rischio e sovrastima degli effetti avversi. Come ci spiega uno psichiatra
Paura del vaccino qual è la sua origine e come superarla

Sebbene in Italia i dati relativi alle vaccinazioni siano decisamente incoraggianti, la paura del vaccino continua ad essere un problema comune a tante persone.

Non si tratta infatti di una situazione nata con l’epidemia da Covid-19: ben prima dell’emergenza sanitaria in corso, nel nostro Paese, veniva registrato un progressivo e pericoloso calo delle vaccinazioni in atto, secondo il Ministero della Salute, dal 2013. Molti genitori, complice il timore di possibili reazioni avverse alimentato da numerose fake news, hanno infatti rinunciato a far vaccinare i bambini con il conseguente rischio di lasciar spazio a malattie che sembravano ormai debellate.

Non a caso, la diffidenza nei confronti delle vaccinazioni è tra le 10 principali minacce alla salute pubblica individuate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Ad indagare il tema della paura del vaccino anti-Covid è stato uno studio pubblicato lo scorso gennaio su Nature dal titolo Caratteristiche psicologiche associate all’esitazione e alla resistenza al vaccino Covid-19 in Irlanda e nella Gran Bretagna. Utilizzando dati rappresentativi a livello nazionale delle popolazioni adulte generali dell'Irlanda e del Regno Unito, la ricerca ha riscontrato come l'esitazione/resistenza al vaccino fosse evidente rispettivamente per il 35% e il 31% di queste popolazioni. Non solo, lo studio ha dimostrato come gli intervistati esitanti/resistenti ai vaccini differissero su una serie di variabili sociodemografiche e relative alla salute, ma presentassero un profilo psicologico simile caratterizzato da diversi aspetti tra cui una maggiore diffidenza nei confronti di esperti e autorità e una minore probabilità di reperire informazioni provenienti da fonti "tradizionali", sembravano dunque essere più propensi a ottenere informazioni tramite i social media. 

Nonostante le evidenze scientifiche sulla loro sicurezza e utilità, i vaccini, anche In Italia, continuano a fare paura. Come si spiega questo fenomeno?

«I fattori psicologici che entrano in gioco sono diversi - spiega il Dottor Michele Cucchi, psichiatra e psicoterapeuta e Direttore delle Aree Mediche di Humanitas Medical Care - si tratta di elementi importanti che provocano effetto nella modalità di ragionamento delle persone.  Il primo è sicuramente il calcolo del rischio che porta a sovrastimare gli effetti avversi. La reazione di fronte a un rischio dovrebbe essere il risultato di un calcolo razionale tra la possibilità che una cosa avvenga e la gravità di quell’avvenimento, ma questo calcolo non avviene sempre su base razionale. L’esempio classico è il timore di volare: anche se i dati ci indicano chiaramente che è molto più sicuro volare che andare in automobile, siamo portati a un’erronea valutazione del rischio. Non solo, a pesare sulla nostra valutazione è anche la percezione del controllo che possiamo avere sulle situazioni: siamo più propensi ad assumerci dei rischi in quello che sentiamo essere sotto il nostro controllo, come ad esempio la guida della macchina, e meno nelle situazioni su cui sentiamo di non avere controllo, l’aereo come appunto il vaccino».

A guidare le nostre decisioni e le nostre capacità di scelta, sarebbero poi altri meccanismi psicologici.

«Tra i fattori che entrano in gioco, anche la confidence - continua  lo psichiatra - ovvero la familiarità con qualcosa, che ci rende più disponibili ad accettarla: il vaccino non è qualcosa con cui abbiamo sempre confidenza e questo può generare ansia.  Infine pesano anche la capacità di valutare la reale utilità che può avere per noi e il senso di responsabilità collettiva, ovvero il percepire la collettività come tema importante nelle proprie scelte comportamentali».

La paura dei vaccini, come dicevamo, esisteva già prima della pandemia ma forse oggi, in questa particolare situazione di emergenza, i timori sono ancora più forti.

«Sicuramente in questo momento di crisi e di instabilità le persone sono più portate a cogliere le informazioni che riguardano pericoli e minacce, rispetto a quelle rassicuranti - chiarisce ancora lo psichiatra -  le modalità con cui elaboriamo le informazioni su base emotiva risentono infatti sia di caratteristiche personali, come l’attitudine a dubitare e a percepire sempre una minaccia, sia ambientali e l’ambiente, in questo momento,  in cui siamo esposti costantemente a stimoli minacciosi più o meno reali, ci porta a uno stato di allerta che induce a iper-valutare la minaccia piuttosto che a sottovalutarla».

L’origine della diffidenza nei confronti del vaccino è anche da ricondursi alla disinformazione circolata in materia che ha portato molte persone a perdere fiducia nei confronti delle indicazioni sanitarie date dalle Istituzioni.

«Ci troviamo ad essere anche un po’ disillusi risguardo a quelle che sono le capacità di previsioni della scienza - conferma il dottor Cucchi - siamo infatti stati bombardati da informazioni di ogni tipo, provenienti da esperti o presunti tali che dicono tutto e il contrario di tutto, con un linguaggio spesso circostanziato e non semplice. Questo genera diffidenza e la diffidenza porta a dare maggiore rilevanza agli stimoli negativi».

A questo si aggiunge anche quella che è la prerogativa dei nostri tempi, ovvero l’essere sempre connessi attraverso i vari social media che hanno contribuito alla diffusione molto più veloce di informazioni scorrette e che in qualche modo hanno influito negativamente anche sule nostre capacità critiche.

«Oggi il bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti ci lascia poco tempo per la riflessione e l’analisi  - spiega lo psichiatra -  questo significa che, quando veniamo raggiunti da un’informazione, mettiamo in atto un processo cognitivo che tende a semplificarla e a categorizzarla in maniera netta e in poco tempo».

Spesso, per fare in modo che le persone vincano la resistenza e la paura nei confronti del vaccino, si cerca di far leva sui dati scientifici relativi alla sicurezza e al rapporto rischio-benefici. Eppure le spiegazioni razionali non sembrano sortire grandi effetti.

«È proprio così: quella con il vaccino è una partita che va vinta sul piano emotivo non solo con la razionalità - conclude lo psichiatra - I dati ci dicono infatti che l’obbligo vaccinale aumenta sicuramente il numero di vaccinazioni ma anche il numero degli oppositori e la violenza dell’opposizione. Per questo è bene puntare su un rapporto di fiducia tra sanitari e pazienti, un rapporto da recuperare e da reimpostare in una nuova forma. Nella nostra società siamo ormai abituati ai conflitti violenti invece bisogna approcciare le persone che hanno dei dubbi o dei timori con una forma di gentilezza. Bisogna instillare delle buone domande piuttosto che dare delle sentenze. Delle domande che spingano le persone a darsi delle risposte che magari prima non avevano cercato».

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