Quirinale, Berlusconi è pronto a fare un passo indietro. Ma avverte: «Mi prendo ancora qualche ora per decidere»

di Paola Di Caro

Vertice con gli azzurri ad Arcore, ancora in dubbio la sua presenza di persona e non in remoto al summit del centrodestra di oggi. Resta la freddezza sull’ipotesi di Draghi, dubbi su Casini, speranza per un Mattarella bis o un nome di area

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Silvio Berlusconi

Su un punto, almeno, ha ceduto: pressato dagli alleati, che non ne possono più di restare appesi a un filo, consigliato anche dai suoi perché «qualunque cosa tu decida, è bene che torni sulla scena o rischi di lasciarla agli altri», Silvio Berlusconi ha detto sì alla richiesta di vertice che si sarebbe dovuto tenere già giovedì scorso ma che poi era scomparso dai radar.

Si terrà oggi, alle 16 a Roma, come annunciato dalla nota diffusa nel tardo pomeriggio a nome dei tre leader, ma il Cavaliere potrebbe partecipare in presenza (ad alcuni lo avrebbe promesso) come collegarsi da remoto (i suoi lasciano aperta la possibilità). E a quel punto non è detto che non facciano altrettanto tutti gli altri leader, che pure potrebbero riunirsi in chat.

Se questo è lo stato dell’arte, figuriamoci se è prevedibile l’esito del vertice: dopo una riunione con tutto il suo stato maggiore ad Arcore — Tajani, Ronzulli, Bernini, Barelli e anche Fedele Confalonieri —, la previsione è che «sì, quasi certamente Berlusconi scioglierà la riserva». Perché, gli è stato detto nel vertice, deve fare attenzione: se non si muove, e vuole scendere in campo, rischia di perdere anche i voti che si ritengono conquistati, visto che gli avversari non resteranno fermi. E se deciderà di non gettarsi nella mischia, bisognerà lavorare al famoso piano B con logica, non allo sbaraglio, pena l’esplosione del centrodestra.

Berlusconi ha ascoltato tutti, sa che la via del no alla candidatura è la più logica. E ci pensa molto seriamente. Ma a sentire chi ha parlato con lui non si può ancora dare per scontata la sua scelta. «Mi prendo altre ore per pensare. Da solo, in pace», ha detto ai suoi salutandoli nel tardo pomeriggio.

E così, nessuno dei fedelissimi si sbilancia. Raccontano che si siano state messe le carte in tavola: quanti sono i voti considerati sicuri, quanti abbastanza sicuri, quanti ballerini. In teoria, se tutto andasse per il verso giusto, i fatidici 505 voti necessari per essere eletto ci sarebbero, ma «il rischio è enorme», gli hanno spiegato gli amici di una vita. Perché «non ci sono accordi con gruppi politici, ma solo rassicurazioni da parte di singoli». Che «oggi ti dicono che ti votano, domani chissà?».

Insomma, l’impresa appare quasi disperata, ma «Berlusconi è Berlusconi. E dire che è pronto a cedere sarebbe un errore. Può ancora scegliere di andare avanti. Sapendo che gli alleati sarebbero costretti a seguirlo». Un suicidio? Così sembrerebbe, ma mai fare i conti senza i colpi di scena del Cavaliere. Anche se il borsino della sua candidatura, ieri sera, secondo fonti non azzurre ma di massimo rilievo, puntava sul pollice verso: le possibilità che Berlusconi scenda in campo, a questo punto, sono «molto poche». E se non è un annuncio, è qualcosa che ci si avvicina parecchio.

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Se così sarà, si aprirà il tema del che fare. Dal vertice uscirà l’indicazione di un altro nome? O si aspetterà? Da FI e dal centrodestra tutto resta la voglia di presentare un nome di area. Ma quale? Pera, Casellati, che piacerebbero a Salvini hanno poche chanches di essere accolti dal centrosinistra. La stessa presidente del Senato avrebbe chiesto di non essere gettata nella mischia senza accordi seri, per tutelare il suo ruolo e profilo. Resta l’ipotesi di Casini, che non è la prima scelta di nessuno nella coalizione ma non è nemmeno visto come un affronto. Chiaro che l’indicazione di Berlusconi - che ancora un pensiero su un Mattarella bis lo fa - conterà moltissimo, per il peso indubbio della sua persona.

E ad aleggiare resta il nome di Draghi: «Nessuno di noi lo vuole, sicuramente non Berlusconi», giurano da FI. Ma potrebbe esserci lui alla fine del piano inclinato in cui cammina il centrodestra. Perché, per dirla con il leader di uno dei piccoli partiti, la verità è una: «Noi non abbiamo mai avuto i numeri per fare un governo in questa legislatura, il centrosinistra sì, con il Conte 2. Prima lo capiamo e meglio è». E la parola, ancora una volta dopo quasi 30 anni, resta a Berlusconi.

21 gennaio 2022 (modifica il 22 gennaio 2022 | 09:18)