È necessaria una prova di serietà

di Antonio Polito

Si tratta di individuare l’erede di Sergio Mattarella, e non è lavoro da tutti. Ci vuole un «cursus honorum». Ci vuole uno standing internazionale, ci vuole prestigio e autorevolezza. Si tratta di eleggere il successore di Mattarella senza dare il solito spettacolo di agguati, sgambetti, tradimenti

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Illustrazione di Doriano Solinas

E leggete chi volete, ma non disperdete il piccolo capitale di serietà, credibilità, fiducia in sé stessa, che questa nazione ha accumulato negli ultimi due terribili anni. Verrebbe voglia di spedire una letterina ai 1009 elettori del prossimo capo dello Stato. Perché sì, è politica, è manovra, è potere, e non c’è niente di male, in fin dei conti il governo della «polis» è da sempre anche questo. Ma poi, alla fine, cari grandi elettori, dovrete innanzitutto e soprattutto scegliere chi «rappresenta l’unità nazionale», come dice l’articolo 87 della Costituzione. E lì non c’è manovra che tenga. Il dettato costituzionale non significa infatti soltanto che sarebbe meglio eleggere il presidente a grande maggioranza, così che nessun cittadino, o quasi, possa sentirsi escluso o penalizzato, e tutti possano fidarsi. Quella frase significa anche che la donna o l’uomo prescelti rappresenteranno di fronte al mondo l’Italia. L’Italia come è oggi. E, per la prima volta dopo tanto tempo, l’Italia è oggi vista nel mondo come un Paese che sta mostrando il suo valore, una «success story», se non addirittura un esempio da seguire: quasi un prodigio per chi da troppo tempo era considerato il «malato d’Europa».

L’asticella su cui verrà misurata la prova che attende il Parlamento è dunque posta più in alto che in passato: bisognerà che sia al livello di quella che sta offrendo il Paese. L’altissimo prezzo di vite umane e di dolore che abbiamo pagato quando la falce della pandemia ci ha colpito a sorpresa non è stato invano. Ci ha insegnato a reagire, e a muoverci velocemente. La campagna vaccinale prosegue con la speditezza e l’efficienza che siamo abituati a invidiare ai Paesi nordici. Così la quarta ondata, seppure micidiale, non ci ha sommerso come la prima e la seconda, e stavolta non abbiamo chiuso praticamente niente. Con tutte le polemiche che ha provocato, e qualche indiscutibile bizantinismo, il green pass è di gran lunga il miglior surrogato all’obbligo vaccinale finora sperimentato in Europa. Di conseguenza l’economia è in crescita. Il nostro prodotto interno lordo è aumentato nel 2021 del 6,3%, cifra record in Europa. Non è ancora una ripresa in grado di rassicurarci sul futuro occupazionale dei nostri figli, ma non è neanche «jobless»: nell’ultimo trimestre rilevato gli occupati sono aumentati di più di mezzo milione rispetto all’anno precedente.

Abbiamo finora fatto tutti i compiti a casa necessari per aver diritto all’erogazione dei fondi europei, e per quanto un’inflazione importata dall’aumento del costo dell’energia penda come una spada di Damocle sulle nostre speranze, sperare è di nuovo possibile. Sperare innanzitutto di curare le tante piaghe sociali, le sacche crescenti di povertà, l’assottigliarsi dei risparmi, gli effetti di troppi mesi di economia di guerra. Così i giornalisti stranieri che affluiscono in queste ore a Roma per l’elezione del capo dello Stato per una volta non ci chiedono come sia possibile avviare una svolta che inverta la marcia dell’Italia, ma piuttosto come evitarla, per proseguire sulla strada intrapresa.

Tutto ciò, un po’ per pigrizia giornalistica, un po’ per quell’ossessione personalistica che ha preso la nostra epoca, viene di solito identificato con un solo nome: Mario Draghi. Ma neanche lui sarebbe riuscito se non avesse avuto dietro una nuova Italia. Sappiamo che la crescita economica non la fanno i governi, bensì i comportamenti delle famiglie e delle imprese; che la campagna vaccinale non è solo Genio militare e Croce Rossa, ma anche disponibilità e convinzione di decine di milioni di italiani; che chiusure e lockdown sono stati superati solo grazie al sacrificio e al lavoro di chi ha riaperto aziende e negozi. Anche la politica, per una volta, ha fatto il suo, nell’unico modo in cui può fare la differenza: scegliendo di privilegiare, con l’unità nazionale, il bene comune sull’interesse di parte, e tanto di cappello ai leader che hanno avuto il coraggio di rischiare. Che senso avrebbe buttare adesso tutto il merito che hanno acquisito?

Dunque, cari grandi elettori, dovete essere all’altezza di questo Paese. Da deputati, senatori o consiglieri regionali, gli avete per due anni chiesto senso del dovere e responsabilità, ora dovete ripagarlo della stessa moneta. E questo si può fare in due modi: scegliendo la persona giusta, e facendolo nel modo giusto.

Si tratta di individuare l’erede di Sergio Mattarella, e di una lunga serie di veri e propri padri della patria repubblicana, da Luigi Einaudi, a Sandro Pertini, a Carlo Azeglio Ciampi. Non è lavoro da tutti. Ci vuole un «cursus honorum». Ci vuole uno standing internazionale. Ci vuole prestigio e autorevolezza. E si tratta di eleggere il successore di Mattarella senza dare il solito spettacolo di agguati, sgambetti, tradimenti; magari cogliendo l’occasione più solenne che la Repubblica offra, con il Parlamento in seduta comune, per consumare vendette intestine, nascondersi dietro l’anonimato, e lasciar trionfare ancora una volta il partito del risentimento e del rancore.

Conteranno dunque anche la dignità e la rapidità. Gli italiani seguiranno le operazioni di voto, uno scrutinio al giorno, dagli ospedali, dalle scuole, dalle fabbriche: tutti posti dove ogni singolo giorno conta in questa corsa contro la pandemia. Perciò, non sprecatene nemmeno uno.

21 gennaio 2022 (modifica il 22 gennaio 2022 | 07:55)