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"Berlusconi può contare sui voti di Fdi. Sinistra doppiopesista sul suo nome"

Il capogruppo al Senato: "Quando sostiene il governo è un illuminato europeista, se si candida al Colle non va più bene"

"Silvio può contare sui voti di Fdi. Sinistra doppiopesista sul suo nome"

«L'unità del centrodestra per noi è sempre stata la stella polare, tanto più in un momento come questo, visto che nella partita per il Quirinale abbiamo la possibilità di non avere un presidente della Repubblica espressione del centrosinistra o del Pd». Luca Ciriani, presidente dei senatori di Fratelli d'Italia, ha le idee chiare sulla strategia numero uno nella corsa al Colle. E se Berlusconi dovesse rompere gli indugi e candidarsi, Fdi farà la sua parte. «Per noi non è cambiato nulla nelle ultime settimane. Berlusconi attacca Ciriani - è fondatore e federatore del centrodestra, sosterremo la sua candidatura in maniera leale, come abbiamo sempre fatto, se verrà ufficializzata. La nostra lealtà ovviamente va a braccetto con il realismo, ossia con una verifica delle condizioni politiche di questa candidatura. Ma questo lo saprà meglio di tutti Berlusconi, che dovrà chiarire se ci sono le condizioni e decidere: se conferma la sua disponibilità potrà contare sulla sessantina di voti di Fratelli d'Italia».

Per il Pd il Cavaliere è «divisivo», e pure Renzi gli chiude la porta, anche se si dichiara disponibile a parlare con il centrodestra di altri nomi.

«La cosa che distingue Renzi dal resto del centrosinistra è che ritiene che il centrodestra possa giocare questa partita. Il Pd invece disegna Berlusconi come un illuminato europeista se sostiene Draghi, ma se si candida per il Colle rispolvera l'immaginario antiberlusconiano degli ultimi vent'anni, col doppiopesismo che ben conosciamo».

E se Berlusconi dovesse declinare?

«È importante avere un piano che sia Berlusconi o altri - e avere unità d'intenti, e non ha senso avventurarsi in possibili alternative prima di aver chiarito quella che al momento è l'ipotesi principale».

Intanto però Salvini detta i tempi e paventa altre possibilità...

«Continua a valere il principio dell'unità di intenti: si verifichi se Berlusconi ha gambe per questa corsa, e i tre leader decidano se sarà lui il candidato. Se poi questo piano non dovesse restare in piedi, si discuta di altri scenari e si adotti - ma tutti insieme - una diversa soluzione. Senza fughe in avanti da parte di nessuno. Offriamo lealtà e correttezza ma le pretendiamo, anche. Possiamo vincere questa partita solo uniti, qualunque soluzione si scelga: serve un grande accordo politico e un sostegno chiaro, trasparente e misurabile».

Che ne pensa dell'ipotesi di un governo dei leader, caldeggiato da Renzi e da Salvini?

«Penso che un governo in scadenza a un anno, per fare la manovra di bilancio, avrebbe già i suoi gravi problemi a stare in piedi, e che con i leader andrebbe anche peggio perché il livello di litigiosità aumenterebbe. La nostra posizione resta quella di far coincidere l'elezione del Capo dello Stato con una nuova stagione politica: fine dell'emergenza e di un governo con dentro tutti, ritorno alle urne, nascita di un esecutivo benedetto dal voto popolare. Una cosa che, in Italia, sembra diventata una bestemmia».

A proposito di emergenza: come vede il no al voto per i grandi elettori positivi al Covid?

«Stiamo parlando dell'elezione del capo dello Stato: va fatto il possibile per garantire il voto a tutti. Il problema è istituzionale, non è questione di calcolo politico.

Un positivo asintomatico non è un lebbroso, penso che con le dovute cautele possa recarsi in un seggio, magari decentrato, e votare senza mettere a repentaglio nessuno».

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