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Economia

Le diseguaglianze c'erano già prima del Covid, la pandemia le ha solo accentuate

Marco Vacca via Getty Images
Marco Vacca via Getty Images 

Anche in Italia, come nel resto del mondo, nel pieno del Covid i ricchi ne stanno uscendo più ricchi. Oxfam l’ha definita “la pandemia della diseguaglianza”, quella spaccatura, già presente prima dell’arrivo del virus, ma che col virus si è allargata. Due mondi: quello di sopra, dei super-ricchi, i paperoni, e quello di sotto, quello dei poveri, degli ultimi. I dieci maggiori patrimoni mondiali sono più che raddoppiati da 700 a 1.500 miliardi in due anni di pandemia, mentre dall’altro lato 163 milioni di persone cadevano in povertà. Sul piano globale solo per Jeff Bezos, il numero uno di Amazon, una delle aziende il cui fatturato è decollato con il Covid-19, il “surplus patrimoniale” nei primi 21 mesi di pandemia è 81,5 miliardi di dollari, l’equivalente del costo stimato della vaccinazione (due dosi e booster) per l’intera popolazione mondiale. Per contro la pandemia ha colpito più duramente le donne, che hanno perso 800 miliardi di dollari di redditi nel 2020 e faticano più degli uomini a recuperare i livelli di occupazione pre-Covid.

L’accentuarsi delle diseguaglianze non è un fenomeno nuovo ma un processo in corso da anni. La pandemia lo ha accentuato, sicuramente colpendo di più la parte bassa della forbice, spingendola ancora più in basso, e talvolta ma non sempre favorendo i redditi più alti. Vale per Bezos, ad esempio, che grazie all’esplosione del commercio online spianata dalle restrizioni dovute al Covid. Vale molto meno per chi ha business meno interessati dalle mutazioni che la pandemia si è trascinata (smart working, dad, eccetera).

Resta però il dato aggregato: l’anno scorso, secondo il World Wealth Report di Capgemini, la ‘popolazione’ mondiale dei cosiddetti ‘high net worth individual’, cioè di chi dispone di un milione di dollari di risparmi da investire, è cresciuta del 6,3%, superando la soglia dei 20 milioni, mentre il loro patrimonio è aumentato del 7,6%, avvicinandosi agli 80mila miliardi di dollari. L’Italia ha sovraperformato, con un tasso di crescita dei paperoni, saliti oltre quota 300 mila, del 9,2% e con un patrimonio cresciuto del 2,3% a 593 miliardi di dollari.

Oxfam, non da oggi, usa un termine ad hoc per l’Italia: ‘Disuguitalia’. La ricchezza del top-1% supera di 50 volte quella del 20% più povero. Non solo: tredici nuovi italiani sono new entry nella lista Forbes dei più ricchi del mondo durante i due anni di pandemia, a fronte di oltre un milione di individui (400mila famiglie) “sprofondati nella povertà”. 

“Nei 21 mesi intercorsi tra marzo 2020 e novembre 2021 il numero dei miliardari italiani della Lista Forbes è aumentato di 13 unità e il valore aggregato dei patrimoni dei super-ricchi è cresciuto del 56%, toccando quota 185 miliardi di euro alla fine dello scorso novembre”, denuncia l’organizzazione non governativa. I 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte).

Guardando ai dati in tempo reale della rivista patinata statunitense, nel 2021 sono undici le new entry italiane alla lista dei più ricchi, dominata da tempo dai patrimoni a doppia cifra miliardaria di Leonardo del Vecchio (Luxottica), Giovanni Ferrero (Nutella) e Stefano Pessina. Nella nuova classifica aggiornata sono indicati come nuove aggiunte John Elkann (due miliardi di dollari di patrimonio personale), Sergio Stavanato (1,9 miliardi), Giuliano e Marina Caprotti (1,7 miliardi ciascuno), Antonio ed Emma Marcegaglia (1,4 miliardi ciascuno), e a seguire (ma tutti sopra il miliardo di dollari) Nerio Alessandri, Simona Giorgetta, Enrico Preziosi, Marco e Veronica Squinzi.

Numeri che ovviamente da soli non sono esaustivi e vanno inquadrati in un contesto generale. Secondo il World Inequality Report 2022, stilato da Lucas Chancel, Thomas Piketty, Emmanuel Saez, Gabriel Zucman, oggi in Italia la concentrazione di ricchezza è alta ma inferiore a quella della maggior parte dei paesi dell’Unione Europea. Nel 2021, il 10% più ricco detiene il 48%, mentre il 40% medio e il 50% inferiore detengono rispettivamente il 42% e il 10%.

L’andamento delle diseguaglianze in Italia ha seguito curve diverse a seconda dei periodi storici. Ad esempio, ricorda ancora il WIR, è notevolmente diminuita nel corso del XX secolo, in seguito agli shock militari, politici ed economici del periodo 1910-1940, nonché agli effetti delle politiche del secondo dopoguerra. Ma dall’inizio degli anni ’80 ha iniziato ad aumentare.

IWR
IWR 

Se non sempre i più ricchi hanno tratto diretto vantaggio dalla pandemia, a partire dall’Italia, o comunque non nella misura in cui i più poveri ne hanno patito le conseguenze, la ricchezza tuttavia rappresenta, rileva Oxfam, una unità di misura per “la resilienza economica delle persone ovvero la loro capacità di resistere a shock di spesa attesi o imprevisti come quelli legati all’insorgere di una malattia o alla perdita dell’impiego che comportano la riduzione finanche l’azzeramento del reddito”.

L’aumento delle diseguaglianze e della ricchezza dei più ricchi ha seguito in Italia l’evoluzione di una serie di fenomeni in corso tra la fine del precedente secolo e l’inizio di quello nuovo. E quindi prima di tutto la globalizzazione, le liberalizzazioni, il continuo processo di trasformazione del mondo industriale hanno favorito le classi più alte a scapito di quelle più basse. Non solo, in Europa ad esempio anche le scelte di politica fiscale hanno incrementato l’aumento delle diseguaglianze, soprattutto nei Paesi “con sistemi sanitari universali, la privatizzazione ha indebolito la capacità dei Paesi di rispondere alla pandemia. In altre parole: l’austerità uccide.

C’è poi il capitolo del sistema fiscale che nel corso degli anni ha in parte perso alcuni tratti tipici della progressività, compensati con misure alternative come bonus e detrazioni. E anche di recente, l’intervento del Governo Draghi, scrive ancora Oxfam, non ha certo aiutato a invertire la rotta, introducendo maggiori benefici per il ceto medio e di gran lunga più lievi per quello più basso. Nulla di sorprendente: “Dalle indicazioni parlamentari al Governo di fine giugno si evinceva”, scrive ancora Oxfam, “come l’intervento sull’Irpef dovesse avere come “destinatari privilegiati” i redditieri medio-alti, in parte in ottica “compensativa” per gli interventi sull’Irpef dell’ultimo decennio di cui hanno beneficiato maggiormente i titolari di redditi inferiori a 30mila euro”. 

Anche se la pandemia in molti casi ha colpito i ceti più poveri, e talvolta aiutato quelli più benestanti, l’aumento delle diseguaglianze non è certo un effetto della pandemia quanto piuttosto un fenomeno di natura strutturale: ”È il sistema economico che strutturalmente produce disuguaglianza, è il modo in cui le nostre economie e società attualmente funzionano”, conclude Oxfam.

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