“Grandissimo risultato, abbiamo fatto 13“, “Italia Viva contro sondaggite 13 a 0″, “Italia Viva vale il 13%, chi vive di sondaggi non vale niente”, “Chi non si candida non prende niente, Italia Viva il 13”. Chi leggesse – scendendo da Marte – la mitragliata di dichiarazioni trionfali di Matteo Renzi, si convincerebbe che il suo partito abbia da un giorno all’altro decuplicato i consensi. E invece, nel Paese reale, Italia Viva è ancora inchiodata al 2% scarso. Quel 13% con cui l’ex premier ha bombardato le agenzie si riferisce a un campione tanto misero da fare tenerezza: i 21.010 elettori del centralissimo collegio Trionfale di Roma (l’11,33% degli aventi diritto) che domenica 16 gennaio sono andati a votare per le elezioni suppletive della Camera, in cui si assegnava il seggio lasciato libero da Roberto Gualtieri diventato sindaco. Insomma, non proprio una demografica rappresentativa. Ma va dato atto che in questa contesa per pochi intimi il candidato renziano Valerio Casini ha venduto cara la pelle: si è piazzato terzo con il 12,93%, equivalente a 2.698 voti, più o meno quelli di un supercondominio della periferia romana.

Se questa distribuzione dei consensi si replicasse alle elezioni politiche, il Pd potrebbe prepararsi a un governo monocolore: la sua candidata Cecilia D’Elia ha sbancato le urne con il 59,43%, staccando di 27 punti la rappresentante del centrodestra Simonetta Matone, ferma al 22,42% (a livello nazionale la coalizione viaggia tra il 43% e il 47%). Persino Potere al Popolo! potrebbe aspirare a superare lo sbarramento, visto che la sua candidata ha raggiunto il 3,24%. Eppure nessun altro partito sfida il ridicolo proponendo l’equazione tra questo voto e il quadro nazionale: tutti sono consapevoli dei numeri risibili (D’Elia ha ottenuto il seggio con 12.401 voti, nemmeno il 7% dei residenti). Tutti, tranne i renziani: “Un grande risultato e una bellissima risposta per chi continua a credere ai sondaggi“, twitta Maria Elena Boschi, mentre per Raffaella Paita le suppletive “dimostrano che un’alternativa riformista al matrimonio Pd-M5S e ai sovranisti è possibile”. Luciano Nobili invece posta una foto del candidato accompagnata da un messaggio un po’ sbruffone: “E menomale (sic, ndr) che eravamo quelli del 2%“.

D’altra parte non è la prima volta che Italia Viva celebra con toni trionfalistici risultati elettorali piuttosto modesti. Il climax si era raggiunto lo scorso ottobre, quando l’account ufficiale del partito e il coordinatore nazionale Ettore Rosato avevano esultato per lo “splendido risultato” di Terzorio (Imperia), dove il renziano Valerio Ferrari aveva vinto correndo da solo in un Comune di 189 elettori (di cui 138 votanti). Ma in tempi di carestia, si sa, tutto fa brodo: così Italia Viva dedicava altri due tweet all’impresa di Castelvenere (2.172 elettori ai confini del parco del Matese, tra Benevento e Caserta) dove Alessandro Di Santo era stato eletto con l’89,26%, 1.346 voti, e un altro a quello di Rignano Flaminio, 7.637 elettori in provincia di Roma, dov’era stato eletto Vincenzo Marcorelli col 57,94% (2.681 voti, più o meno quelli ottenuti da Casini nel collegio romano). Fino a domenica, peraltro, Italia Viva non aveva mai avuto l’ardire di presentare il proprio simbolo a nessuna elezione, schermandosi dietro simboli di coalizione o liste civiche. L'”esperimento” è stato premiato con un roboante 13%: c’è da scommettere che verrà ripetuto.

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