Imposte

Delega fiscale, dai partiti 467 emendamenti: da destra no al Catasto, la sinistra frena la Flat Tax

Fdi, Fi e Lega: acconti a rate più tasse piatte e vincoli al governo con i pareri

di Marco Mobili e Gianni Trovati

L’unità nazionale che traballa vistosamente in questa vigilia quirinalizia, sul fisco va ricostruita da zero. Perché le tasse sono materia bipolare per eccellenza.E gli emendamenti presentati dai partiti in commissione Bilancio alla Camera sulla legge delega approvata dal governo il 5 ottobre lo dimostrano. Il centrodestra trova sul tema un’unità molto più sostanziale di quella sbandierata sulla candidatura di Berlusconi al Colle. E parte in gruppo all’attacco della revisione del Catasto elaborata dal governo Draghi, che invece centrosinistra e Cinque Stelle vogliono mantenere o rafforzare; mentre chiede in coro un allargamento della Flat Tax degli autonomi che gli altri gruppi puntano a ripensare, limitare o archiviare a seconda dei casi.

LE RICHIESTE DEI PARTITI

Messa così, la sintesi è brutale. Quindi ha bisogno di qualche spiegazione in più anche per non correre subito alla conclusione che qualsiasi progetto di riforma condiviso è da archiviare prima ancora di cominciare i lavori. Primo: gli emendamenti arrivati puntuali alla scadenza del 14 gennaio sono una pioggia ma non un’alluvione. Nel loro complesso i partiti hanno presentato 467 proposte di correttivi: un numero che rende gestibile una discussione nel merito in tempi non biblici senza dover imboccare la strada veloce dei “segnalati”, adatta più al calendario blindato della conversione dei decreti che a una riforma complessiva del fisco. Secondo: sui temi in cui l’identità politica cede un po’ il passo alla discussione tecnica, dal riordino delle tasse sulle rendite finanziarie alla rateizzazione degli acconti, non è complicato trovare ponti fra gli schieramenti. Anche quando le proposte possono cambiare profondamente la vita dei contribuenti.

Su tutto, però, dominano per ora le bandiere degli schieramenti. Il centrodestra, si diceva, accanto ai correttivi presentati da ogni partito si concentra su cinque proposte comuni firmate da Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Noi per l’Italia e Coraggio Italia: fra queste spicca la richiesta, annunciata a più riprese, di cancellare tout court la riforma del Catasto e quella di aumentare la soglia di ricavi e compensi a cui applicare la Flat Tax, con un nuovo tetto che negli emendamenti non è indicato ma che il leader della Lega Matteo Salvini torna a fissare in 100mila euro. Completano il quadro la divisione in sei rate degli acconti Irpef, l’elevazione dello Statuto del contribuente al rango costituzionale e il carattere vincolante dei pareri delle commissioni sui decreti attuativi. Perché anche nei confronti del governo fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

Per questi ultimi tre punti la strada non sembra complicata, tanto più che, per esempio, gli acconti a rate, oggetto da mesi di verifiche con Mef ed Eurostat sui rischi (sventati) di ricadute contabili, compaiono anche nelle proposte di altri partiti come Italia Viva. Su Catasto e tasse piatte, invece, le possibilità di un accordo appaiono vicine allo zero.

Il Pd, anzi, chiede di rafforzare il censimento degli estimi estendendolo ai terreni oltre che ai fabbricati e coinvolgendo direttamente anche gli enti locali. Italia Viva punta invece a precisarne i meccanismi con l’indicazione delle zone censuarie, del periodo di riferimento per i valori di mercato e la pubblicazione dei criteri per l’aggiornamento dei valori. L’occasione sarebbe poi utile per premiare gli immobili più «performanti» sul piano della prevenzione sismica e del risparmio energetico. Leu si spinge decisamente più in là: e propone di anticipare dal 2026 al 2023 il termine del censimento, che deve riguardare tutti gli immobili, abitativi e d’impresa. Nell’ottica di Leu, del resto, nel nuovo fisco deve trovare spazio una patrimoniale unica che riassorba quelle esistenti in un meccanismo progressivo con una franchigia per la prima casa.

E poi c’è la Flat Tax. Il centrodestra in pratica punta a riprendere in mano il progetto avviato nel 2018 dal Conte-1 e cancellato l’anno dopo dal Conte-2, con l’estensione del forfait fino a quota 100mila euro (fra 65mila e 100mila si prevedeva un’aliquota del 20%). Idea che fuori dalla coalizione non trova seguito, nemmeno tra i Cinque Stelle che pure erano il pilastro principale del governo giallo-verde. I pentastellati rilanciano anzi l’indicazione scritta nel documento unitario della commissione che ha preceduto la delega proponendo una via d’uscita biennale per chi supera i 65mila euro, con l’applicazione della Flat Tax a patto di dichiarare un reddito aggiuntivo di almeno il 10% per anno senza sforare però i 100mila euro. E un meccanismo con la stessa finalità di evitare lo schiacciamento dimensionale trova spazio anche nelle proposte di Iv e di Fdi. Leu invece sul tema non si pronuncia, ma su un presupposto particolare: con l’indicazione per un sistema duale, l’applicazione della delega archivierebbe di fatto i regimi sostitutivi, tra cui la Flat Tax degli autonomi è quello più noto. Quindi va bene così.

Anche il Pd punta molte carte sul duale, specificando che in via di principio la richiesta per i «redditi derivanti dall’impiego di capitale», compresi quelli nel settore immobiliare, dovrebbe essere non inferiore alla prima aliquota Irpef (il 23%). Nello specifico della tassa piatta, i Dem chiedono un ripensamento complessivo «con eventuali differenziazioni in ragione del settore economico e del tipo di attività svolta e con eventuale premialità per le nuove attività produttive».

La materia di discussione, insomma, non manca. A patto ovviamente che il tutto non venga travolto dagli scossoni che seguiranno l’elezione del Presidente e precederanno la campagna elettorale per le politiche.

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