«Non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto»

Lo ha detto Mario Draghi nella conferenza stampa sul nuovo decreto sulle restrizioni, rispetto al tema del giorno

(Roberto Monaldo / LaPresse)
(Roberto Monaldo / LaPresse)

Lunedì pomeriggio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha tenuto una conferenza stampa per illustrare il decreto legge approvato dal governo la settimana scorsa, che prevede soprattutto l’obbligo di vaccinazione contro il coronavirus per le persone con almeno 50 anni. Draghi ha anche risposto a diverse domande dei giornalisti – rifiutandosi, però, di commentare le indiscrezioni sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica – e in diverse occasioni ha parlato della decisione del governo di tenere aperte le scuole, di cui si è parlato molto negli ultimi giorni.

Draghi ha aperto la conferenza stampa elencando le ragioni per cui a suo dire si è reso necessario introdurre l’obbligo vaccinale, spiegando per esempio che «gran parte dei problemi che abbiamo oggi dipende dal fatto che ci sono dei non vaccinati», e che il parametro dei cinquant’anni è stato deciso «sulla base dei dati, che ci dicono che chi ha più di 50 anni corre maggiori rischi».

Già nel suo discorso introduttivo Draghi ha spiegato inoltre che «la scuola è fondamentale per la nostra democrazia», mentre nelle sue prime risposte alle domande dei giornalisti ha sottolineato che «il governo ha la priorità che la scuola resti aperta, in presenza» e che «non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto». Draghi ha poi citato alcuni dati secondo cui in Italia si sono persi più giorni di scuola in presenza a causa della pandemia rispetto alla media dei principali paesi europei.

In teoria, le scuole avrebbero dovuto riaprire in tutta Italia il 7 gennaio, alla fine delle festività natalizie. Oltre la metà delle regioni aveva deciso di posticipare l’apertura al 10. Nei giorni immediatamente precedenti, a causa del grande aumento di contagi da coronavirus provocato dalla variante omicron, diversi operatori scolastici e sanitari, oltre che vari presidenti di regione e amministratori locali, avevano chiesto un rinvio ancora più lungo, di almeno due settimane. Venerdì 7 gennaio Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania, aveva firmato un’ordinanza per tenere chiuse le scuole dell’infanzia, elementari e medie fino al 29 gennaio (ordinanza poi respinta lunedì 10 dal TAR della Campania).

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Draghi ha ribadito che sulla scuola il suo governo terrà «un approccio un po’ diverso rispetto al passato», cioè rispetto ai primi mesi della pandemia, quando il governo guidato da Giuseppe Conte ricorse spesso alla chiusura della scuola durante i periodi di picco del contagio. Secondo Draghi, la chiusura delle scuole e il ricorso alla cosiddetta didattica a distanza dovrà essere limitato per «cercare di minimizzare gli effetti economici e sociali e sui ragazzi e le ragazze che hanno risentito più di tanti altri delle chiusure, dal punto di vista psicologico e della formazione».

Alla fine della conferenza stampa, Draghi si è poi scusato per non aver tenuto una conferenza stampa nel giorno dell’approvazione del decreto legge, mercoledì 5 gennaio: «c’è stata da parte mia una sottovalutazione delle attese, mi scuso e vi prego di considerare questo come un atto riparatorio», ha detto ai giornalisti presenti.