ROMA. «La Lega calcio ha fatto bene a scegliere per la riduzione della capienza degli stadi, perché era elevato il rischio che il governo facesse calare dall'alto la sua decisione», osserva il presidente del Coni, Giovanni Malagò sulla limitazione di pubblico per le partite di calcio alla luce della nuova ondata Covid. «La federazione medico- sportiva insieme al Coni sta predisponendo un nuovo protocollo – aggiunge Malagò a Sky-. Poi chi organizza i campionati ha il diritto- dovere di prendere decisioni". Sugli interventi non uniformi di Asl e Tar il numero uno del Coni ha sottolineato che così «si perde di credibilità».

(ansa)

Sos uniformità
«Ritengo che la Lega abbia preso la decisione migliore, anche se è triste perché così si abbattono i ricavi per i club che sono già in grandi difficoltà», sottolinea Malagò che ora auspica però una norma che renda uniformi le decisioni che arrivano dall'esterno. «Quando ci fu un disastro nel mondo del calcio- racconta il capo dello sport italiano - io allora ero in Giunta Coni, e i Tar locali ci sostituirono su certe posizioni: il governo dell'epoca molto intelligentemente, e il Coni avallò, centralizzò la decisione perché in molti sospettavano che i diversi tribunali amministrativi fossero troppo di parte su certe valutazioni. Lo stesso va fatto oggi perché abbiamo visto che tre Tar hanno dato ragione alla Lega e uno no, questo giudizio perde di credibilità. Il tema riguarda non solo la giustizia amministrativa ma anche le Asl perché non può essere una che con 4 positivi non fa giocare e un'altra con 11 fa giocare. Bisogna trovare una norma che impone questa scelta».

Altri campionati
Il presidente del Coni evidenzia che «il problema del Covid non riguarda solo il calcio ma anche molti altri sport che sono in difficoltà. Io ho il dovere di ricordare che i problemi se non maggiori esistono negli altri campionati. Non dimentichiamoci degli altri sport che non sono gli ultimi ma sono quelli che ci hanno fatto gioire anche alle ultime Olimpiadi».

(lapresse)

No vax
«Non ho mai visto una gestione peggiore. Gli attori in questo caso sono tre: gli organizzatori locali, il governo e Djokovic. Diamo per scontato che tutti e tre fossero in buona fede, il problema è un altro: non ci si deve mettere in quella situazione, a monte non deve succedere. Entro il 10 dicembre doveva dire se era vaccinato o no, poi non si capisce perché non sia stato comunicato che il 16 dicembre abbia preso il Covid. Doveva comunicarlo. Se prima durante e dopo ha incontrato chiunque, allora la credibilità è venuta meno», commenta Malagò parlando della vicenda Djokovic bloccato in Australia per problemi di visto legato al Covid. «Dispiace per Nole, è “italiano” e amato, l'ho anche premiato, siamo tutti suoi tifosi, ma lui se non avesse contratto il Covid che faceva? Non giocava più a tennis?».

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