novel food

La cucina del futuro? Gli insetti nel piatto

di Carlotta Lombardo

Sarebbero alimenti economici e sostenibili ma dalle allergie ai gusti i dubbi restano. La chef stellata Cristina Bowerman: «Non fanno parte della nostra cultura, meglio i legumi, ma sono favorevole: il fenomeno apre la mente»

La cucina del futuro? Gli insetti nel piatto

Milioni di persone nel mondo sgranocchiano insetti. In Messico, le chapulines, le cavallette condite con peperoncino e lime, sono un popolare snack ma anche gli escamoles, le larve e le pupe delle formiche del genere Mayr Liometopum apiculatum sono una prelibatezza, tanto da essersi guadagnate l’appellativo di «caviale messicano». Stessa sorte per la hormiga culona colombiana, la formica «culona» (ha l’addome particolarmente prominente): fritta o tostata è considerata una vera delizia, merito dell’acido formico di cui è ricca e che le regala un sapore piccante e intenso.

Roba dell’altro mondo? Mica tanto, i novel food, gli alimenti «nuovi» (rispetto ai tradizionali), insetti compresi, compaiono già nei menu degli chef più coraggiosi, in Gran Bretagna, Olanda o Belgio, e il Financial Times ha dedicato loro un editoriale, ieri, auspicando che conquistino più spazio nell’alimentazione degli animali e degli esseri umani: piatti a base di formiche, cavallette, scorpioni e altre pietanze del genere, buoni per la salute — dicono gli esperti — perché ricchissimi di proteine e privi di grassi. In Italia, il loro uso a fini alimentari era vietato, nel giro di qualche anno potrebbero essere serviti nei ristoranti sotto casa: l’Unione europea, dopo la valutazione dell’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare, a novembre ha dato il via libera alla commercializzazione della locusta per l’alimentazione umana. Il secondo insetto, dopo la tarma della farina, un vermetto che può essere consumato essiccato o macinato sotto forma di farina da addizionare ai prodotti da forno o da usare nei mangimi, a finire sulle tavole degli europei. E se, l’idea, può disgustare i più il prestigioso quotidiano britannico suggerisce anche di utilizzare la stessa tecnica usata dai genitori per i bambini schizzinosi a tavola: mascherare il cibo «schifoso».

«Io li cucinerei ma non credo che gli italiani siano pronti — avverte la chef stellata Cristina Bowerman —. Non fa parte della nostra cultura e poi non ne abbiamo bisogno perché siamo ricchi di alimenti proteici alternativi, come i legumi. Però aprire la mente sul fenomeno può aiutare a creare prodotti altamente proteici per i Paesi poveri e costituire una valida soluzione per l’ambiente».

L’industria di produttori di insetti, secondo Rabobank, banca specializzata nell’investimento agricolo, stima già di passare dalle 10 mila tonnellate consumate ogni anno nel mondo alle 500 mila nel 2030 (con 11 domande di altri insetti già all’esame dell’Efsa come «Novel Food»). Di certo, a promuoverne il consumo sono gli ambientalisti. Il piano d’azione Ue 2020-30 per i sistemi alimentari sostenibili identifica gli insetti come una fonte di proteine animali a basso impatto ambientale. Un esempio? Un chilo di grilli ha bisogno di 15 mila litri di acqua in meno per ogni chilo di carne prodotta e il loro allevamento genera 100 volte meno gas a effetto serra. Inoltre, il mondo è pieno di insetti: 1,4 miliardi per ognuno dei 7 miliardi di abitanti della terra, secondo la Royal Entomological Society britannica. «Il riscaldamento globale non potrà arrestarsi senza modificare il sistema alimentare, da cui dipende un terzo delle emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature — conferma il professor Massimo Tavoni del Politecnico di Milano, direttore dell’Istituto europeo per l’economia e l’ambiente (Eiee) —. La Fao stima che le quantità di gas serra che derivano dal bestiame sono pari alle emissioni di tutti i camion, le auto, i velivoli e le navi del mondo messi insieme e l’allevamento di mucche, pecore e capre è il responsabile principale delle emissioni di metano, gas prodotto durante la digestione dei ruminanti, con un effetto serra superiore all’anidride carbonica prodotta dai trasporti e dalle industrie. Inoltre, si devastano immense aree di foreste per lasciare spazio agli allevamenti intensivi e ai terreni agricoli destinati alla produzione di soia come mangime per animali. Di certo, sostituire le proteine dei grandi animali con quelle degli insetti ha un impatto ambientale positivo».

Una food revolution da approcciare, a tavola, con cautela. Una nota sul sito della Commissione europea avverte che il consumo degli insetti può potenzialmente portare a reazioni allergiche. «Tutti i novel food vanno introdotti con cautela — conferma la giornalista e scrittrice Eliana Liotta che, nel suo ultimo libro Il cibo che ci salverà edito da La nave di Teseo, affronta il tema della necessità di una svolta ecologica a tavola per aiutare la terra e la salute —. Sono cibi che non abbiamo mai mangiato e la cautela è d’obbligo ».



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