"Oggi è il giorno delle gare di nuoto. Voglio fare del mio meglio per fare vincere la mia squadra! Appena mi tuffo ho freddo, ma passa subito! Quando nuoto, mi sembra che tutto vada bene. Mi piace immergermi nell’acqua e nel suo silenzio. A casa mia c’era sempre tanto rumore, quando papà tornava stanco dal lavoro". Così si apre il libretto Il tuffo di Lulù disponibile anche in video animato, un racconto immaginario scritto da Valentina Calvani e realizzato con Fabiana Iacolucci sulla base dei racconti condivisi dalle operatrici e psicologhe di D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza - associazione che riunisce 84 organizzazioni di donne in tutta Italia che gestiscono oltre 100 centri antiviolenza e oltre 60 case rifugio, offrendo supporto a circa 20mila donne ogni anno - per raccontare appunto cos'è la violenza assistita dal punto di vista di una bambina. "Un giorno io e la mamma giocavamo con i trucchi. Papà è tornato e le ha detto che non doveva sprecare i soldi che lui guadagna comprando queste cose, perché tanto è brutta lo stesso. Quel giorno ho pensato che papà fosse davvero tanto stanco, perché la mamma è sempre bellissima e che forse i soldi per i trucchi avrei dovuto chiederglieli io. Quando lo faccio, papà non mi dice mai di no. Papà usciva sempre con i suoi amici. A volte la notte lo sentivo rientrare tardissimo. Mamma, invece, con le sue amiche non usciva mai. Papà dice che in casa è più al sicuro. Io, più che al sicuro, la vedevo solo più triste. Soprattutto da quando non lavorava più. Un giorno sono corsa in cucina per cercare la mamma e raccontarle della mia giornata, ma l’ho trovata distesa per terra. Lei mi ha detto che era scivolata e che papà, gentilmente, la stava aiutando a rialzarsi. A me è sembrata troppo stretta la mano di papà intorno al braccio di mamma, per credere che fosse gentile. Avevo sempre meno voglia di tornare a casa. Papà diceva di amare troppo la mamma e per questo si arrabbiava sempre. A volte passavamo anche delle giornate tranquille. Papà ci portava al cinema e tutto sembrava di nuovo bello. Io, però, ero un po’ confusa. Un giorno era il mio papà e il giorno dopo un papà che mi faceva paura. Una volta ho trovato la mamma a raccogliere tanti piatti rotti da terra. Io l’ho aiutata, anche se lei aveva paura che mi potessi fare male. Mamma si è scusata, dicendo che era stata colpa sua. “Ho le mani di burro” mi ha detto. Che sciocchezza! Le sue mani le conosco bene. Sono rassicuranti e delicate come le sue carezze. Le sue carezze... quel giorno ho capito: “Ecco cosa è l’amore!”. La sera papà è tornato con una rosa. Lo fa ogni volta che chiede scusa alla mamma. Lei l’ha presa per non farlo arrabbiare. A differenza delle altre volte però, quando papà è uscito, non l’ha messa nel vaso. Non giocavo più con i miei amici. Raccontavano sempre tutto quello che di bello facevano con le loro famiglie. Io, di bello, avevo sempre meno da raccontare e di inventare cose ero un po’ stanca. Penso che anche mamma fosse stanca. Papà diceva che, senza di lui, non avrebbe mai combinato nulla. “Tu non hai i numeri per stare al mondo!”, le ha gridato sbattendo la porta. Quello, fu l’ultimo giorno nella mia vecchia casa. La mia mamma, invece, i numeri li ha eccome! Quel giorno ha preso me e tutto il suo coraggio e ci siamo trasferite in un’altra casa che ci ha accolte. In questa nuova casa la prima persona che ho conosciuto è stata una signora, che chiamano operatrice. Mi ha spiegato che papà ha fatto delle cose che non avrebbe dovuto fare, ma un giudice gli insegnerà a non farle più. Questo mi ha reso tranquilla. Ero un po’ preoccupata che papà fosse rimasto solo. Anche mamma parlava spesso con questa signora. Era meno nervosa e ha iniziato a passare più tempo con me. Spesso giocavamo insieme ad altre mamme e ad altri bambini. Tra tutti i giochi che ho imparato, quello che preferisco è il “gioco delle mani”. Prima si fanno tante impronte colorate, poi diciamo tutto quello che di bello si può fare con le mani e come invece sia sbagliato usarle. Mi piace perché con questo gioco ho imparato cosa sia il rispetto. Tante cose erano cambiate per me: non avevo più la mia stanza, i miei giochi, le mie abitudini. Anche la mia scuola non era più quella di prima. Mi dispiaceva e per questo, a volte, ce l’avevo un po’ con la mamma. Iniziavo però ad avere una sensazione nuova. Mi sentivo finalmente leggera! Non dovevo più preoccuparmi di proteggere la mamma e di non fare arrabbiare papà. Oggi mamma è tornata a sorridere. Ha tante amiche, con l’aiuto dell’operatrice ha trovato un lavoro e siamo andate a vivere nella nostra nuova casa. Mi hanno insegnato che tutto questo si chiama libertà. Anch’io sono tornata a sorridere. Ora, ho tante cose belle e vere da condividere con i miei amici. Tuffarsi a volte fa paura, ma vincere si può! Ora so di poterlo D.i.Re.!".
Il libro/video è anche stato trasformato in una mostra itinerante che sarà ospitata "in tournée" nei centri commerciali gestiti dalla Savills, e che prende avvio il 25 novembre dal centro commerciale Parco Leonardo di Fiumicino con l'obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulla violenza assistita.

Perché è importante e urgente sensibilizzare il pubblico sulla violenza assistita? “Fare esperienza da parte del/la bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulti e minori” - questa è la definizione della violenza assistita secondo CISMAI Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso dell'Infanzia - ha molte ripercussioni sulla vita dei minori. Per questo motivo risulta fondamentale costruire consapevolezza e conoscenza (anche) su questo tipo di violenza per prevenirla o per riuscire ad allontanare da essa le vittime nel modo meno traumatico e più sicuro grazie all'aiuto di assistenti sociali e psicologi. Come riporta il sito di Save The Children in Italia sono 427 mila i minorenni che nell’arco temporale 2009-2014 hanno vissuto la violenza dentro casa diretta o indiretta. Un'esperienza che secondo la sopra citata organizzazione internazionale non governativa può portare deficit nella crescita staturo-ponderale, ritardi nello sviluppo psico motorio e deficit visivi, danneggiare lo sviluppo neurocognitivo del bambino con effetti negativi sull’autostima, sulla capacità di empatia e sulle competenze intellettive. Non solo, le piccole o giovani vittime possono manifestare sensi di colpa, sentimenti di paura costante, tristezza, rabbia, frustrazione, ansia, impulsività e alienazione.

In caso di violenza diretta o assistita è importante non ignorare la situazione e contattare subito il 112 (le forze dell’ordine), i centri antiviolenza o il 1522, numero anti violenza e stalking, un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità.