Cuore, Pinocchio e Artusi
declino dell’unità letteraria

risponde Aldo Cazzullo

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Caro Aldo,
ho una domanda da farle: perché, secondo lei, i tre libri dell’identità italiana sono «Cuore», «Pinocchio» e l’Artusi?
Gianni Giolo giolo.giovanni4@ gmail.com

Caro Gianni,
Ottima idea inserire Pellegrino Artusi tra i padri della patria letteraria, e non solo. «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene» è un libro fondamentale: fece ai fornelli quello che Cavour aveva fatto in politica, riunificò la gastronomia italiana. Come ha fatto notare Carlo Cracco, mentre i francesi hanno una cucina nazionale, noi abbiamo tante cucine regionali. Occorreva un testo sacro che riunisse le principali ricette; anche se l’origine romagnola di Artusi lo connota inevitabilmente. Dopo aver avuto in casa la banda del brigante Passatore, Pellegrino aveva lasciato la sua piccola patria ed era andato a vivere a Firenze, dove morì e dov’è sepolto nel cimitero di San Miniato, in cui riposa anche Carlo Lorenzini detto Collodi, il papà di Pinocchio. Anche oggi i libri di ricette vanno molto. Ma ancora più successo hanno i libri di diete. Li sfoglio sempre, e li trovo tutti uguali. Certo, alcuni esperti consigliano i piccoli pasti frequenti, altri il digiuno intermittente. Ma tutti sostengono — giustamente per carità — che bisogna mangiare molta frutta e verdura, meglio se biologica, pasta solo integrale, carni bianche piuttosto che rosse, pesce azzurro piuttosto che crostacei. Le carote crude fanno meglio della sugna fritta, i broccoli sono da preferire alla coratella, i semi di chia alle animelle, le centrifughe di ananas al whisky torbato. Quanto a «Pinocchio» — uno dei pochi libri italiani tradotto davvero in tutto il mondo —, ormai lo leggono in pochi. «Cuore» di De Amicis non lo legge più nessuno. Il Risorgimento non è di moda, i buoni sentimenti neppure. Ed è un peccato.

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Storia

«Mio padre giornalaio da 43 anni. Quando andrà in pensione?»

Ho un papà che lavora da quando ha 16 anni, da quando i suoi genitori sono venuti a mancare. Che lavoro fa? Il giornalaio. Che mondo quello dei giornali di carta. La sua clientela è formata dagli anziani signori che abitano nel quartiere, come il caro Antonio che ci porta ogni tanto i prodotti del suo orto e da qualche turista d’estate che arriva e chiede un cruciverba. Mio papà al mare abita davvero vicino, da sempre, ma non lo vede mai. Lavora sette giorni su sette dalle sei di mattina alle sette e mezza di sera. Ma no, mio papà si alza prima, si alza alle quattro e mezza per andare ad aiutare la mamma, prima d’iniziare ad aprire quel pacco pesante con tutti i giornali. I giorni di vacanza sono tre o quattro, se siamo fortunati anche due volte all’anno. Però che fatica prendere quei pochi giorni e pensare che al tuo rientro devi sistemare tutto. Perché i giorni di vacanza non sono davvero una vacanza, più che altro metti in pausa e accattasti la mole di riviste che continuano ad arrivare, mentre cerchi di staccare la testa e stare con la tua famiglia. Dai papà, andiamo al mare oggi, quante persone passano oggi pomeriggio secondo te? È così da 43 anni per mio papà che ne ha 60. Però i primi 4 anni di lavoro non sono registrati. È stanco, lo vedo nei suoi occhi che si chiudono la sera a cena, lo vedo nelle sue occhiaie sempre più profonde. Forse con quota cento tra 4 anni sarebbe riuscito a passare, ma ora forse sarà centodue e poi centoquattro e poi chi lo sa se ci andrà mai in pensione con quei pochi soldi al mese tanto agognati. Io so che lui lavora per me, per farmi studiare e per farmi essere dove sono oggi. Non trovo giustizia e parità in un sistema dove per anni sono andate in pensione persone a 39 anni. Non so quale sia la misura giusta da attuare ora. So che serve fare qualcosa per mio papà e per tutte le persone come lui.
Ilaria Raggi, Sarzana

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