Open arms, il processo a Salvini con Richard Gere e gli 007. Il leader della Lega: non mi pento di niente

di Giovanni Bianconi, inviato a Palermo

Testi ammessi dal Tribunale di Palermo sul procedimento per sequestro di persona a carico dell’ex ministro dell’Interno per i 147 migranti a cui fu negato lo sbarco nell’estate 2019. I dubbi dei pm: non vogliamo fare spettacolo

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Alla fine dell’udienza, terminato il rito dei selfie con gli agenti penitenziari, la prima preoccupazione è la pasta di mandorle: «La devo portare a mia figlia, dove la possiamo trovare?». L’addetto stampa lo rassicura: «Ora ci pensiamo, intanto andiamo dai giornalisti». E lì, fuori dall’aula-bunker del carcere di Pagliarelli, davanti a una siepe di microfoni e telecamere, Matteo Salvini sveste la mascherina e i panni dell’imputato per rimettere quelli del leader leghista: «Mi dispiace per i soldi che si dovranno spendere per questo processo politico voluto dalla sinistra. Verrà perfino Richard Gere da Hollywood, ditemi voi che cosa c’entra».

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Richard Gere sulla Oper arms il 9 agosto 2019

In effetti dentro l’aula s’è discusso anche di questo: la testimonianza dellattore che il 9 agosto 2019 salì sulla nave carica di profughi raccolti dall’organizzazione spagnola Open arms, che l’allora ministro dell’Interno non voleva far sbarcare in Italia, scesi dalla nave solo dopo il sequestro ordinato dalla Procura di Agrigento. Ne nacque un’indagine e poi un processo per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio a carico di Salvini che adesso è approdato davanti al tribunale di Palermo. La testimonianza della star di Hollywood è stata chiesta dagli avvocati di Open arms «per raccontare le condizioni drammatiche in cui si trovavano i migranti trattenuti a bordo», spiega l’avvocato Arturo Salerni. L’avvocata-senatrice leghista Giulia Bongiorno non si oppone, la Procura sì: «Al di là della risonanza e della spettacolarizzazione, che certamente non interessa a questa Procura, ci sono ben altri testimoni ed elementi per riferire sulla situazione a bordo».

Il tribunale presieduto dal giudice Roberto Murgia ammette però tutti i testimoni citati da accusa, difesa e parti civili. «È logico — commenta Bongiorno —, i giudici al momento non sanno nulla, non potevano distinguere tra un testimone e l’altro. Poi durante il dibattimento si vedrà». Dunque non è detto che questo passerà alla storia come «il processo di Richard Gere», ma per adesso è così. Tuttavia l’accusa vuole evitare deragliamenti per concentrarsi su altro: dimostrare che il divieto di sbarco imposto dall’allora ministro ha violato gli obblighi previsti dalle leggi italiane e internazionali; che lui mantenne il provvedimento nonostante l’annullamento del Tar; che gli altri ministri, a cominciare dall’allora premier Giuseppe Conte, si erano dissociati e dunque Salvini non rappresentava più la linea del governo ma solo la sua. Per questi motivi il processo è molto diverso — secondo l’accusa — da quello archiviato a Catania per l’analoga vicenda dellanave Gregoretti . Salvini e il suo entourage insistono invece che sono la stessa cosa, e così l’avvocata Bongiorno: «A Catania è stata esaminata anche la vicenda Open arms. Ci sono già tre sentenze in cui è scritto che se l’Italia non coordina le operazioni di salvataggio non c’è obbligo di far sbarcare i profughi in un porto sicuro italiano, qui aspettiamo la quarta».

L’accusa — schierata al massimo livello: il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Marzia Sabella con i sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi — sostiene che invece quell’obbligo c’era eccome. Per dimostrarlo porta molti documenti e 26 testimoni. Alcuni dei quali sono in comune con quelli citati dalla difesa, come Conte, gli ex ministri Di Maio, Toninelli e Trenta, l’attuale titolare del Viminale Luciana Lamorgese, l’ambasciatore dell’epoca presso l’Unione Europea Maurizio Massari. A sostegno del rischio infiltrazione di eventuali terroristi tra i migranti, la difesa di Salvini vuole sentire anche l’ex capo del servizio segreto per la sicurezza esterna Luciano Carta e l’ex responsabile dell’antiterrorismo internazionale della polizia italiana Claudio Galzerano. «Non c’entrano con la materia del processo», s’è opposto il procuratore, chiedendo di depennare dalla lista testimoni anche l’ex premier maltese Muscat o l’ex commissario europeo per le migrazioni Avramopoulos. «Invece c’entrano», ha insistito Bongiorno. Per adesso ha vinto la difesa, più avanti si vedrà.

Di sicuro per Salvini ogni udienza sarà l’occasione per rilanciare la sua linea in tema di sbarchi e migranti, come ha fatto sabato. Parla di «processo politico» e l’avvocata Bongiorno si affretta a spiegare che è per via dell’autorizzazione a procedere concessa dal Senato, grazie al voto dei grillini dopo la rottura con la Lega. Poi il suo assistito aggiunge: «Non mi pento di niente. Se una nave spagnola si rifiuta andare nel porto offerto dalla Spagna compie un abuso e ha altri fini». Poco più in là il comandante di Open arms, Oscar Camps, ribatte: «Salvare vite umane in mare è un obbligo non solo per il capitano di una nave, ma per tutti gli Stati, la politica non c’entra». I suoi avvocati hanno chiesto testimonianze sull’orrore dei campi di detenzione in Libia, da dove venivano i migranti. Se non ci saranno ripensamenti da parte del tribunale, il processo all’imputato Salvini tratterà anche di questo.

23 ottobre 2021 (modifica il 23 ottobre 2021 | 21:14)