Frutta

Uva da tavola, annata buona e l’export (per ora) tiene

Ismea conferma la crescita della variante senza semi e mette in guardia dalla «pressione competitiva degli altri produttori mediterranei»

di Emiliano Sgambato

 È destinato all’export circa il 45% della produzione

2' di lettura

È una buona annata per l’uva da tavola italiana, sia in qualità che in quantità con la produzione – più di un milione di tonnellate su 47mila ettari, concentrati soprattutto in Puglia e Sicilia – che risulta superiore alla media degli ultimi anni; anche grazie ad un andamento climatico che per questo settore è stato positivo e ha favorito l’aumento della resa, con le gelate primaverili che non hanno causato particolari danni. È il quadro tracciato da un report di Ismea, che sottolinea come sempre più importanza sta acquisendo l’offerta di uve senza semi, segmento in cui stanno aumentando sia il numero di varietà sia gli ettari in produzione.

L’inizio della stagione è stato contraddistinto dal ritardo della maturazione dei grappoli e da una domanda elevata: di conseguenza i prezzi all’origine sono stati superiori sia a quelli degli ultimi anni. Ma nelle settimane successive, «l’aumento dei quantitativi offerti e l’elevata pressione competitiva sui principali mercati di sbocco europei da parte degli altri produttori mediterranei (Spagna, Grecia, Turchia ed Egitto) – nota Ismea – hanno determinato un rallentamento delle vendite e la progressiva flessione delle quotazioni». Da qui alla fine della campagna «le vendite dovrebbero essere agevolate da un profilo qualitativo buono e da un prezzo che risulta concorrenziale rispetto alle altre specie di frutta estiva, in particolare a pesche e nettarine, che permangono su quotazioni alte a causa della scarsità dell’offerta».

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L’export, a cui è destinato il 45% dell’uva (15% ai succhi e 38% al consumo interno) risulta in linea con lo scorso anno in termini di quantità (+1,3%, il 90% verso la Ue), ma con prezzi più alti del 6,5% rispetto al primo semestre 2020. In termini di saldo della bilancia commerciale l’uva, con circa 680 milioni di euro, nella frutta è al secondo posto preceduta solo dalle mele. L’Italia è il quarto esportatore mondiale con spedizioni per circa 720 milioni di euro. «Le importazioni di uve di contro stagione e di primizie – precisa però Ismea – sono cresciute sia rispetto al primo semestre 2020 (+7% in quantità) sia rispetto al dato medio dell’ultimo triennio (+1,4%)».

I consumi domestici fanno segnare -1,5% dei volumi su base annua, con un rialzo dei prezzi del 4% a causa della maturazione tardiva. «È doveroso sottolineare – sottolinea però Ismea – che tale dato è relativo soltanto all’avvio della campagna»; infatti «tra gennaio e luglio si concentra il 15% circa delle vendite annue al dettaglio».

Periodo in cui va segnalato un aumento del 37% in quantità e del 45% in termini di spesa del prodotto già confezionato. Per il resto della campagna 2021 Ismea prevede «flussi di vendita sostenuti sul mercato interno». Di contro, il mercato europeo è soggetto negli ultimi anni a una crescente concorrenza che «rende sempre meno competitive le uve italiane».

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